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Non è un paese per vecchi... è un paese per nichilisti
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Non è un paese per vecchi... è un paese per nichilisti
Dato il mio ruolo di principale becchino nel cimitero degli errori, mi accollo pure quello di riesumatore di argomenti. Riprendo questo argomento di Rodja che trattava dell'ultimo film premio Oscar dei Cohen. Vi aggiungo un commento che ho trovato in rete e che può dare nuovamente linfa alla discussione, soprattutto se nel frattempo qualche altro è andato a vederlo. Mi chiedo anche e chiedo a tutti i giovani frequentatori del forum se amano il cinema, se frequentano le sale quando esce qualche buon film. Yorick
Non so quanti di voi abbiano visto recentemente ''Non è un paese per vecchi'' di Joel & Ethan Cohen, due cineasti presenti sulla scena cinematografica già da tempo ma che per la prima volta nella loro carriera hanno ottenuto un degno riconoscimento agli Academy Awards, con l'assegnazione di 4 oscar, tra cui miglior film e migliore attore non protagonista.
Ora, io ho visto proprio ieri il film e devo ammettere che mi ha portato a riflettere su alcuni punti:
- in questo film non esistono buoni e cattivi. Sono tutti cattivi. Non c'è nessuno che possa dirsi puro di spirito o portatore di grandi ideali (la storia gira attorno ad un ladro e a un assassino)
- i protagonisti cercano di sopperire alla mancanza di ideali nei modi più diversi, il ladro con la ricerca del denaro, l'assassino con la sua rigida ''etica della monetina'', in cui la coscienza delle proprie azioni è annullata e si ci affida al fato, perfino lo sceriffo integerrimo tommy lee jones finisce per rinunciare ai propri valori e ritirarsi da un mondo ormai inesorabilmente in declino.
Come diceva nietzesche : ''Il nichilismo è alle porte''.
Quindi mi chiedo è davvero pazzo chi affida le sue decisioni a una moneta o è semplicemente figlio dei nostri tempi?
Vorrei conoscere vostri pareri al riguardo
Non so quanti di voi abbiano visto recentemente ''Non è un paese per vecchi'' di Joel & Ethan Cohen, due cineasti presenti sulla scena cinematografica già da tempo ma che per la prima volta nella loro carriera hanno ottenuto un degno riconoscimento agli Academy Awards, con l'assegnazione di 4 oscar, tra cui miglior film e migliore attore non protagonista.
Ora, io ho visto proprio ieri il film e devo ammettere che mi ha portato a riflettere su alcuni punti:
- in questo film non esistono buoni e cattivi. Sono tutti cattivi. Non c'è nessuno che possa dirsi puro di spirito o portatore di grandi ideali (la storia gira attorno ad un ladro e a un assassino)
- i protagonisti cercano di sopperire alla mancanza di ideali nei modi più diversi, il ladro con la ricerca del denaro, l'assassino con la sua rigida ''etica della monetina'', in cui la coscienza delle proprie azioni è annullata e si ci affida al fato, perfino lo sceriffo integerrimo tommy lee jones finisce per rinunciare ai propri valori e ritirarsi da un mondo ormai inesorabilmente in declino.
Come diceva nietzesche : ''Il nichilismo è alle porte''.
Quindi mi chiedo è davvero pazzo chi affida le sue decisioni a una moneta o è semplicemente figlio dei nostri tempi?
Vorrei conoscere vostri pareri al riguardo
Ultima modifica di Yorick il Mar 15 Apr 2008 - 20:43 - modificato 1 volta. (Motivazione : Introduzione di Yorick)
Rodja- Numero di messaggi : 23
Età : 33
Occupazione : ...
Classe : V L
Data d'iscrizione : 14.12.07
Libertà e Destino
Centri bene il bersaglio. Il film è fondamentalmente l'analisi desolata e desolante di una partita truccata, quella fra l'uomo e il destino, ("io e questa monetina siamo arrivati allo stesso punto", dice l'assassino alla donna che lo accusa "sei tu che decidi, non è la monetina!") fra la limitatezza umana e l'illimitatezza del male. Non c'è più nemmeno una domanda di Senso. Non più. Un film che è un pugno nello stomaco, come quasi tutti quelli dei Cohen che tuttavia negli altri film di solito risolvono con soluzioni registiche al limite del surreale, immagini poeticissime. Questo invece è un film senza aperture, ma in definitiva troppo meccanico. Non so, lo dovrei rivedere. Mi è piaciuto, ma più per i modi del racconto che per il senso del film, forse. Magistrale la scena in cui, dopo averci fatto stare un'ora e mezza col fiato corto a seguire le disperate peripezie del protagonista che cerca di mettere in salvo la valigia con due milioni di dollari, ce lo troviamo morto. Una morte a cui lo spettatore non è stato invitato. Uno schiaffo. Il film somiglia un po' a Soldi Sporchi di Raimi, che mi sembra sia il maestro dei Cohen. Ecco, forse dei Cohen ho visto cose migliori, non saprei ...
Ultima modifica di Marta Aiello il Mer 19 Mar 2008 - 17:45 - modificato 1 volta.
Hirundo Hiberna- Numero di messaggi : 878
Età : 51
Localizzazione : III A - II B - III B Liceo Classico
Occupazione : docente
Classe : molta
Data d'iscrizione : 24.11.07
Re: Non è un paese per vecchi... è un paese per nichilisti
Il film oltre a dare un quadro del mondo pessimistico e brutale, sottolinea che, ci piaccia o no, viviamo tutti qui ed ora e la vita va come sta andando. Possiamo solo soccombere o rassegnarci e l'arroganza si batte con l'arroganza se si vuole sopravvivere (segretaria che si oppone e fa indietreggiare l'assassino).
Io credo che affidare il proprio destino ad una monetina sia da pazzi, ma, nella pazzia generale che ci circonda, affidare il destino altrui ad una monetina è originale!
Io credo che affidare il proprio destino ad una monetina sia da pazzi, ma, nella pazzia generale che ci circonda, affidare il destino altrui ad una monetina è originale!
CapaMatta- Numero di messaggi : 139
Età : 33
Occupazione : studente
Classe : V C
Data d'iscrizione : 14.12.07
Re: Non è un paese per vecchi... è un paese per nichilisti
«Non è un paese per vecchi» è un film diretto dai fratelli Coen e tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy.
Nel 2008 ha vinto l’Oscar come miglior film, oltre al premio per la miglior regia, per la miglior sceneggiatura non originale e
per il miglior attore non protagonista.
Nonostante questi riconoscimenti, ho l’impressione che al film sia stata data una interpretazione superficiale.
Mi è sembrato che la trama e i personaggi, in particolare modo l’inquietante Anton Chigurh, parlino al pubblico attento con il linguaggio proprio delle fiabe.
Dietro a situazioni improbabili e a personaggi surreali, si celano messaggi che parlano al cuore in modo diretto, senza il filtro della mente.
Ho vagliato un gran numero di commenti al film scritti da persone che lo hanno apprezzato, eppure in nessuno di questi ho trovato una interpretazione che si discostasse dalla superficialità.
Forse la mia interpretazione non rispecchia quanto i fratelli Coen volevano trasmettere al pubblico ma ho pensato di trasmetterla in modo che quanti hanno apprezzato il film, possano confrontare il loro pensiero con il mio.
Le persone hanno abbandonato le tradizioni, intese come insegnamenti che vengono tramandati di padre in figlio, frutto dell’esperienza delle generazioni che ci hanno preceduto e che hanno dovuto confrontarsi con le forze della natura, affinando le regole e le conoscenze necessarie alla creazione delle civiltà.
Lo sceriffo Bell è uno degli ultimi eredi di questa tradizione, e comprende che il meccanismo si è inceppato.
[Sceriffo Bell] «Quando la gente non è più capace di dire prego e grazie, vuol dire che siamo vicini alla fine».
Nella scena finale, reduce dalla follia che suo malgrado ha dovuto affrontare, narra di aver sognato il padre che cavalcando lo sorpassa, portando dinnanzi a se una fiaccola accesa, diretto verso un campo in cui accendere un nuovo falò per dare il via a un nuovo inizio.
La figura di Chigurh risveglia paure ancestrali perchè impersonifica le forze primordiali della natura con le quali i primi uomini si sono dovuti confrontare.
Una forza che risponde solo a se stessa e ignora le regole degli uomini.
[Cacciatore di taglie] «Chigurh è pazzo, ma segue delle sue regole».
Si fa strada con la forza primordiale del vento, allegoricamente rappresentato dall’aria compressa, e sfonda le porte con un potente soffio, come in una fiaba per bambini.
Nessuno può fermarlo.
Il suo passaggio è una tempesta che travolge tutto ciò che trova lungo il suo percorso, e la differenza fra il salvarsi o il perire di fronte alla sua furia è frutto del caso, esattamente come l’esito del lancio di una monetina.
La vita del proprietario della pompa della benzina è come la monetina.
E’ come tutte le altre.
Sono le sue azioni a renderlo differente.
Chigurh non è cattivo e non è buono, non ride e non piange, perchè la natura non ha sentimenti umani.
La sua follia è solo apparente, ed è tale solo per coloro che sono diventati sordi e ciechi, incapaci di riconoscere le leggi della natura che stanno al di sopra di qualsiasi ragione umana.
A salvarsi sono coloro che non hanno perso il contatto con la realtà.
Si salva l’insignificante impiegata obesa che pur di rispettare le regole nega per ben tre volte di dire all’insistente e minaccioso Chigurh dove lavori il fuggitivo.
Queste regole, che a una mente avvelenata possono sembrare insignificanti o addirittura ridicole, simboleggiano il bastione della civiltà costruita dagli antenati che ci hanno tramandato le loro tradizioni faticosamente conquistate attraverso il confronto con le forze della natura.
Ed è contro questo potente bastione che Chigurh si imbatte, e pur non fermandosi, è costretto a deviare il suo percorso.
Si salva lo sceriffo Bell, erede delle tradizioni tramandate dal padre, rispettoso della forza che cerca di contrastare per cercare di salvare un uomo della sua contea, del suo villaggio, del suo gruppo di capanne in mezzo alla furia della tempesta.
Muoiono tutti coloro che chiedono alla natura di dare delle giustificazioni, incapaci di vederla e accettarla per quello che è.
Antepongono le loro ragioni, incapaci di comprendere che per Chigurh sono parole senza valore.
A fronte di una tempesta è implicita la promessa di torrenti che spazzeranno via le capanne e i campi coltivati.
E non esistono argomentazioni umane che possano far cambiare questa promessa.
La moglie del fuggitivo Llewelyn Moss muore perchè la sua morte è una promessa di Chigurh che non può essere mutata dalla ragione.
E la donna non capisce l’inevitabilità di questa promessa e nella sua follia della modernità giudica folle il comportamento
di Chigurh.
Il rapporto distorto fra l’uomo e la natura viene ancora rimarcato quando in una delle ultime scene una macchina a tutta velocità attraversa un incrocio col semaforo rosso ignorando le regole ed andando a impattare contro Chigurh che procede per la sua strada, ferendolo.
Chigurh non si aspetta aiuto e non cerca aiuto e pur ferito si mette in cammino.
Solo dei ragazzini possono ancora offrirgli aiuto e comprensione, anche se in loro c’è già il seme della follia che viene attivato non appena capiscono che dalla natura possono trarre profitto nel momento in cui ricevono dei soldi.
Guardare Shigur negli occhi è come guardare una tempesta che si avvicina.
La tua vita è appesa all’esito del lancio di una monetina.
Stefano Tevere
Nel 2008 ha vinto l’Oscar come miglior film, oltre al premio per la miglior regia, per la miglior sceneggiatura non originale e
per il miglior attore non protagonista.
Nonostante questi riconoscimenti, ho l’impressione che al film sia stata data una interpretazione superficiale.
Mi è sembrato che la trama e i personaggi, in particolare modo l’inquietante Anton Chigurh, parlino al pubblico attento con il linguaggio proprio delle fiabe.
Dietro a situazioni improbabili e a personaggi surreali, si celano messaggi che parlano al cuore in modo diretto, senza il filtro della mente.
Ho vagliato un gran numero di commenti al film scritti da persone che lo hanno apprezzato, eppure in nessuno di questi ho trovato una interpretazione che si discostasse dalla superficialità.
Forse la mia interpretazione non rispecchia quanto i fratelli Coen volevano trasmettere al pubblico ma ho pensato di trasmetterla in modo che quanti hanno apprezzato il film, possano confrontare il loro pensiero con il mio.
Le persone hanno abbandonato le tradizioni, intese come insegnamenti che vengono tramandati di padre in figlio, frutto dell’esperienza delle generazioni che ci hanno preceduto e che hanno dovuto confrontarsi con le forze della natura, affinando le regole e le conoscenze necessarie alla creazione delle civiltà.
Lo sceriffo Bell è uno degli ultimi eredi di questa tradizione, e comprende che il meccanismo si è inceppato.
[Sceriffo Bell] «Quando la gente non è più capace di dire prego e grazie, vuol dire che siamo vicini alla fine».
Nella scena finale, reduce dalla follia che suo malgrado ha dovuto affrontare, narra di aver sognato il padre che cavalcando lo sorpassa, portando dinnanzi a se una fiaccola accesa, diretto verso un campo in cui accendere un nuovo falò per dare il via a un nuovo inizio.
La figura di Chigurh risveglia paure ancestrali perchè impersonifica le forze primordiali della natura con le quali i primi uomini si sono dovuti confrontare.
Una forza che risponde solo a se stessa e ignora le regole degli uomini.
[Cacciatore di taglie] «Chigurh è pazzo, ma segue delle sue regole».
Si fa strada con la forza primordiale del vento, allegoricamente rappresentato dall’aria compressa, e sfonda le porte con un potente soffio, come in una fiaba per bambini.
Nessuno può fermarlo.
Il suo passaggio è una tempesta che travolge tutto ciò che trova lungo il suo percorso, e la differenza fra il salvarsi o il perire di fronte alla sua furia è frutto del caso, esattamente come l’esito del lancio di una monetina.
La vita del proprietario della pompa della benzina è come la monetina.
E’ come tutte le altre.
Sono le sue azioni a renderlo differente.
Chigurh non è cattivo e non è buono, non ride e non piange, perchè la natura non ha sentimenti umani.
La sua follia è solo apparente, ed è tale solo per coloro che sono diventati sordi e ciechi, incapaci di riconoscere le leggi della natura che stanno al di sopra di qualsiasi ragione umana.
A salvarsi sono coloro che non hanno perso il contatto con la realtà.
Si salva l’insignificante impiegata obesa che pur di rispettare le regole nega per ben tre volte di dire all’insistente e minaccioso Chigurh dove lavori il fuggitivo.
Queste regole, che a una mente avvelenata possono sembrare insignificanti o addirittura ridicole, simboleggiano il bastione della civiltà costruita dagli antenati che ci hanno tramandato le loro tradizioni faticosamente conquistate attraverso il confronto con le forze della natura.
Ed è contro questo potente bastione che Chigurh si imbatte, e pur non fermandosi, è costretto a deviare il suo percorso.
Si salva lo sceriffo Bell, erede delle tradizioni tramandate dal padre, rispettoso della forza che cerca di contrastare per cercare di salvare un uomo della sua contea, del suo villaggio, del suo gruppo di capanne in mezzo alla furia della tempesta.
Muoiono tutti coloro che chiedono alla natura di dare delle giustificazioni, incapaci di vederla e accettarla per quello che è.
Antepongono le loro ragioni, incapaci di comprendere che per Chigurh sono parole senza valore.
A fronte di una tempesta è implicita la promessa di torrenti che spazzeranno via le capanne e i campi coltivati.
E non esistono argomentazioni umane che possano far cambiare questa promessa.
La moglie del fuggitivo Llewelyn Moss muore perchè la sua morte è una promessa di Chigurh che non può essere mutata dalla ragione.
E la donna non capisce l’inevitabilità di questa promessa e nella sua follia della modernità giudica folle il comportamento
di Chigurh.
Il rapporto distorto fra l’uomo e la natura viene ancora rimarcato quando in una delle ultime scene una macchina a tutta velocità attraversa un incrocio col semaforo rosso ignorando le regole ed andando a impattare contro Chigurh che procede per la sua strada, ferendolo.
Chigurh non si aspetta aiuto e non cerca aiuto e pur ferito si mette in cammino.
Solo dei ragazzini possono ancora offrirgli aiuto e comprensione, anche se in loro c’è già il seme della follia che viene attivato non appena capiscono che dalla natura possono trarre profitto nel momento in cui ricevono dei soldi.
Guardare Shigur negli occhi è come guardare una tempesta che si avvicina.
La tua vita è appesa all’esito del lancio di una monetina.
Stefano Tevere
Il peso della scelta
«Scegli».
Le nostre vite stanno tutte qui, nella parola "scelta".
Quando non riusciremo più a scegliere o a sostenere le coseguenze di una scelta, sarà la fine.
Le nostre vite stanno tutte qui, nella parola "scelta".
Quando non riusciremo più a scegliere o a sostenere le coseguenze di una scelta, sarà la fine.
CapaMatta- Numero di messaggi : 139
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