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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty Sbagliando si impara

Messaggio  Giancarlo_Samperi Mar 11 Mar 2008 - 16:48

Mi correggo:nelle musiche sicuramente Scimeca non è oleografico,altrimenti non staremmo qui a parlarne.Nella scenografia,forse un pò.... comunque,non ho nessuna esperienza nè capacità di critica cinematografica,in questo forum sono intervenute persone molto più preparate di me in tal senso.Quindi voglio precisare che la mia è un'opinione personale e opinabilissima,laddove ce ne fosse bisogno.
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Messaggio  Hirundo Hiberna Mar 11 Mar 2008 - 16:51

Oddio, per carità! Tranne il Professore Gesù, nessuno di noi ne sa abbastanza, è chiaro. Tranquillo, Sampr, ma voglio essere cattiva cattiva cattiva cattiva come .... come solo una prof potrebbe essere:
Sicuro che "oleografico" era quello che volevi dire????????????
Ma sììì, certoooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!
Torniamo a Malpelo. Spero che il Prof. Gesù mi dica cosa ne pensa a proposito della scelta di raccontare la storia in soggettiva e cioé dalla parte di Malpelo. Questo a voi è piaciuto? Vi sembra che sia così o no?
HH
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty DI SCIMECA, DI MALPELO E DI VERGA

Messaggio  iano Mer 12 Mar 2008 - 0:28

PROFF. e STUDENTI,

prima di entrare nei dettagli di scelte musicali e di racconto, volevo continuare la mia riflessione attorno al film di Scimeca in senso più lato, perchè tutta l'opera del Nostro è un cinema ingannatore, nel senso che, sembra d'immediato approccio, di accessibile lettura, di struttura semplice, derivante dalla tradizione orale e popolare, da filodrammatica direi. Ma nell'intero corpus cinematografico del regista siciliano, semplicità non è sinonimo di facilità o ancor meno di banalità. In verità il cinema di Scimeca presenta tante stratificazioni, che si prestano ad altrettante possibilità interpretative.
D'altronde la stessa novella di Verga pur partendo da un dato sociale del tempo: l'inchiesta in Sicilia di Franchetti e Sonnino, di appena due anni prima (1876), si impone come uno dei capolavori del verismo, fino a leggersi in chiave tragica.
Quindi se mi consentite proseguirei nella mia sintetica riflessione...

Rosso Malpelo

Questo Rossomalpelo di Scimeca, aderente fedelmente al racconto e allo spirito della novella dello scrittore catanese, è, come si è detto, una storia di infanzia negata, di solitudine e disperazione, di sfruttamento in un mondo di zolfatari, dannati del sottosuolo, che nel ventre della terra svolgono un lavoro da galeotti. È un studio attento e partecipe della condizione esistenziale di un ragazzo e dei suoi simili sottoposti alla dura legge della sopravvivenza, condotto con animo sgombro da pregiudizi e con spirito poetico, descritto alla maniera di Verga con tono antiaulico, antiretorico, antiletterario, da cui affiora il senso tragico e ineluttabile di una vita destinata alla solitudine e alla morte: una vera immolazione alla miseria e alla fame. Nel ventre della terra la fatica è atavica, il sudore nero, il buio amaro. Un tozzo di pane duro ma dolce.
Rossomalpelo di Scimeca è anche un apologo e come tutti gli apologhi è raccontato con un registro di fiaba, una fiaba triste e sconsolata, ma non disperata, che lascia uno spiraglio alla speranza. La povera carne umana di Malpelo soffre più la condizione dolorosa di abbandono che la fatica da bestia da soma cui è sottoposto ogni giorno. Nessuno dopo la morte del padre (l’unico che lo chiama per nome) lo riconosce come essere umano, per gli altri è “malupilu”, un malarnese, un cane rognoso, ringhioso e selvatico, come lo descrive Verga.
Per la madre e la sorella, Malpelo è un peso, che impedisce loro di ricostruirsi una nuova vita, meglio che se ne stia dentro la pancia della terra, dove egli stesso dice di starci tranquillo. La luce, il sole, il vento, i rumori della natura lo infastidiscono, egli è figlio di minatore e in miniera deve stare. Lì è il suo posto, avvolto dalle tenebre e solo nelle tenebre potrà trovare pace, lontano dalla cruda realtà della vita, di quella vita che tanto lo rattrista. Malpelo soffre, ma non è diventato un bruto, malgrado le avversità della vita; il suo è un animo primitivo, rozzo ma non bestiale; un animo che se esplorato a fondo, al di là dei rudi comportamenti del suo carattere, vi si può coglie il tumulto che il “ragazzaccio” vive dentro di sé. Egli è «un miscuglio di cattiveria e di magnanimità che gli altri non sanno intendere, perché uno stranissimo pudore della propria malvagità gli impedisce gli abbandoni buoni e fiduciosi». E come scrive Luigi Russo per il Rosso Malpelo di Verga, altrettanto si può dire per quello di Scimeca: «La sua malizia ha un’origine etica: è la nequizia castigatrice d’altra nequizia, una vendetta esasperata, un peccato voluto, per correggere quasi un peccato originale del mondo. Dacché suo padre è morto nella cava, per la miseria di trentacinque tarì, ed egli non ha mai conosciuto carezze materne ed azzurro di cieli, per quel suo vivere, come un topo, nel buio sotterraneo di una cava di rena, egli sente non soltanto il suo destino, ma tutto il destino umano, come una iniqua condanna, come una soperchieria, un oscuro flagello, contro le quali cose bisogna sfogarsi cupamente, con tutto l’ardore dell’animo. E Malpelo si sfoga con l’asino grigio, caricandolo di legnate col manico della zappa; con Ranocchio. un ragazzetto debole e malaticcio, che egli prende a proteggere quasi per darsi il gusto di tiranneggiarlo; coi compagni, col padrone, e con se stesso».
Per certi versi il Malpelo di Scimeca ha un animo più tenero di quello letterario. Gli si legge più tristezza che rabbia, più malinconia che ribellione; più solitudine che sofferenza per il faticare, più apertura verso i propri simili. Si fa carico del piccolo Ranocchio con cure quasi paterne, lui che sa cosa vuol dire crescere senza padre; rimane turbato dalla carezza tra i capelli fattagli dalla madre dell’amico, lui che non è avvezzo a simili tenerezze; gli vediamo morire sulle labbra un fievole sorriso dinanzi alla surreale messa in scena di quei vagabondi ubriachi, ridotti a larve umane dal duro lavoro di zolfatari.
Quale sorte migliore potrà toccare a lui, solo e senza affetti, ora che la madre e la sorella l’hanno abbandonato, sprangandogli persino l’uscio di casa? E l’umanità che lo circonda è un’umanità avvilita e dolorante. Senza via di scampo. C’è nel personaggio una profonda introspezione psicologica. La sua è un'esistenza segnata dal destino. La sua sorte è continuamente nelle mani di qualcuno, esposta ai rischi della miniera o agli interessi del padrone. La sua vita una lotta che si chiude sempre in perdita. Accettare l’impresa proposta dall’ingegnere della miniera non è un’avventatezza, ma appare una scelta maturata.
«Ma si… Ma si… si sav’ a campari pi sòffriri a stu munnu, forsi è megghiu a morti… Almenu unu mori na vota e poi nun ci pensa cchiù…»
Così il ragazzaccio dai capelli rossi prepara lentamente la sua fine.
Il minatore ha sempre presente la morte. Ha il coraggio di cercare i suoi occhi oltre l’oscurità. Piccone sulla spalla, come fosse il legno della croce, lanterna nella mano e il fido cane dappresso, Malpelo si avvia per i neri cunicoli della miniera, inghiottito dal buio pesto delle tenebre. Un velo di drammaticità e di tristezza dirompente domina su quest’umile vicenda di un piccolo minatore.

A presto...

iano

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Messaggio  Hirundo Hiberna Mer 12 Mar 2008 - 1:21

La scelta di raccontare la storia in soggettiva, dalla parte di Malpelo e dei bambini è dunque chiara e condivido il fatto che questo faccia del Malpelo di Scimeca un personaggio più tenero, in cui la brutalità ha ancora un barlume di bellezza. Scelta meno spietata di quella verghiana, o forse al contrario più dolorosa? Tutto il film di Scimeca è il lungo racconto di una perdita. Perdita della bellezza, perdita dell'innocenza. Perdita della possibilità di immaginare un futuro migliore. Perdita della capacità di sogno. Infine della vita. Sì, forse questa soluzione drammaturgica coinvolge emotivamente di più lo spettatore che così, più facilmente si immedesima nell'offesa subita da Malpelo. Ma proprio questo effetto dell'immedesimazione è l'unica cosa che ancora non mi convince. E' un meccanismo più consueto per fidelizzare, diciamo così lo spettatore al protagonista.
Altre scelte invece le ho trovate pregevolissime.
E' solo una curiosità, ma posso chiedere al prof. Gesù se nella in cui Mastru Misciu fuma nella cava l'ultima sigaretta, il regista ha consapevolmente fatto una citazione della famosa inquadratura di Humphrey Bogart? C'è stata insomma la volontà di Scimeca di accostare il cinema di denuncia sociale com'è il suo in questo caso, con quello patinato della Hollywood degli anni '50?
HH
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty SCIMECA E HOLLYWOOD

Messaggio  iano Mer 12 Mar 2008 - 4:10

Se ce un autore mille anni luce distante dal cinema hollywoodiano credo questo sia Pasquale Scimeca.
La sigaretta in bocca di Bogart è quella di un gangster o di un detective, che vuole arraffare la vita, quella fumata da Mastru Misciu è quella di un perdente, rassegnato alla sconfitta, alla morte.
La sua vita durerà ormai il tempo di una sigaretta.
Io in quella scena del crollo della miniera, propedeutica a farci capire il duro e faticoso lavoro del minatore, più che vederci un modello di cinema hollywoodiano, mi sembra estrapolata per forza e potenza, dal cinema sovieto degli anni Venti, il formalismo russo di Dovzhenko di Eisenstien, di Pudvikin, che mostrava la famosa sineddoche cinematografica (la parte per il tutto: in La corazzata Potemkin gli stivali dell'esercito cosacco, le ombre delle armi dei soldati, i visi terrorizzati del popolo, che colpivano più delle scene di massa). Qui Scimeca ci mostra Mastru Misciu Bestia, come prototipo del minatore. Il suo torso nudo sudato, il suo picconare violento, il terrore del crollo della miniera, e lui un impossibile Atlante a sorreggere invano le pareti della galleria. Quindi il suo pianto rassegnato: Pinuzzu sulu arristasti; maliditti i sordi, maliditti i sordi.
A tal proposito, inviterei gli studenti a vedere La corazzata Potemkin, quella che Villaggio in Fantozzi definisce una boiata pazzesca !!!!

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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty Grazie ancora

Messaggio  Yorick Mer 12 Mar 2008 - 15:44

Grazie mille per il chiarimento su quella scena! In ogni caso, nella mia ipotesi interpretativa, cercavo di evidenziare il "corto circuito" tra Hollywood e tutt'altro cinema. E' chiaro che Scimeca è lontanissimo, grazieaddio, da holliwoodismi.
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty Il Tragico Malpelo

Messaggio  Hirundo Hiberna Mer 12 Mar 2008 - 16:07

Mi ha molto affascinato la scelta di rappresentare Malpelo come un personaggio tragico, soprattutto nell'inquadratura finale. Malpelo è dominato dal destino, oggetto di una storia già scritta rispetto alla quale la sua ottenebrata coscienza, che a tratti però si rivela in istintive manifestazioni di bellezza, non può opporre che una forza irrilevante. L'eroe tragico è così, davanti ad un bivio è di necessità costretto ad una scelta, ma quale che essa sia, il suo destino sarà comunque tragico. Malpelo non ha coscienza di sé, non articola pensieri e dunque neppure parole. Il suo linguaggio sono gesti spesso istintuali, la sua espressione quasi mai sa darsi l'ordine delle parole. Ma Malpelo ha una consapevolezza antichissima, ha in tasca una verità certa, assoluta, incrollabile. Una verità che gli è perfettamente chiara, per la quale non occorrono parole, ma basta un'alzata di spalle: il suo destino si deve compiere e il suo destino è d'essere cancellato una volta per tutte dalla società degli uomini, dalla Storia dove come per errore è stato partorito. Malpelo è uno sbaglio della natura, un diverso. Meglio tornarsene nel ventre della terra, nell'enorme grembo in cui tutto ciò che non ha identità né definizione, e che pertanto non può essere definito diverso in quanto non è né di per sé, nè in relazione a nessun'altra cosa, vive in uno spazio protetto ed eterno. Sottraendosi al tempo, alla Storia. Alla loro violenza.
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty Re: ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA

Messaggio  Hirundo Hiberna Mer 12 Mar 2008 - 16:16

La Corazzata Potemkin è un film bellissimo. Confermo. Altro che film pesante!
E' stato molto molto molto più pesante I Vicerè di Faenza!affraid
Il professore Gesù non lo sa, ma due assemblee d'istituto fa i ragazzi hanno assistito alla proiezione dei Vicerè, appunto. In Archivio c'è ancora un topic con i commenti ferocissimi di tutti noi ...!Twisted Evil
HH
Povero De Roberto ... prima genio incompreso e oscurato, oggi venduto e tradito. Roba da inaugurare un telefono azzurro per artisti!


Ultima modifica di Marta Aiello il Mer 12 Mar 2008 - 16:20 - modificato 1 volta.
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty MI scuso per gli strafalcioni

Messaggio  iano Mer 12 Mar 2008 - 16:18

Scrivo i miei interventi in notturna quando ormai sono cotto e stracotto e rileggendoli di giorno mi accorgo degli imperdonabili strafalcioni che vi rinvengo. Perdonatemi ma non ho neppure il tempo di rileggere. A presto

iano

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Messaggio  Hirundo Hiberna Mer 12 Mar 2008 - 16:24

Diceva Gesù (il Maestro, non il Professore): chi di noi non ha mai peccato, scagli la prima pietra!!!
C'è da credere che un'intera scuola venga cancellata dalla storia per effetto di una gigantesca lapidazione!!!
HH
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty Risposta al prof. Gesù e domande

Messaggio  Yorick Mer 12 Mar 2008 - 16:29

Per quanto riguarda le inevitabili sviste nei commenti, il peggio che le possa capitare è di finire nel "cimitero degli errori" (guardi apposita sezione del nostro forum)!

Mi chiedevo come sarà distribuito "Rosso Malpelo", in che circuito, se sarà a breve disponibile il DVD. Sono fermamente convinto che non si possano fare buone analisi senza molteplici visioni; io ho sempre bisogno di una seconda visione per cercare di comprendere bene un film (come anche di un libro devo fare sempre almeno una seconda lettura). Forse quando poi ci si specializza, ciò non è più necessario e tante cose balzano subito agli occhi. O no?
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty FILM SCIMECA E COLONNE SONORE MIRIAM MEGHNAGI

Messaggio  iano Gio 13 Mar 2008 - 4:48

Volevo ricordare a chi fosse interessato che domani (oggi), Giovedì 13 Marzo, alle ore 18.30 avrò ospite all'Università di Catania, Aula 1, Monastero dei Benedettini, l'autrice delle belle musiche del film Rosso Malpelo di Scimeca: Miriam Meghnagi, compositrice, ricercatrice e cantante arabo-ebraica di fama mondiale (vedere meglio su Internet). Verranno mostrati spezzoni dei Film: "Rosso Malpelo" e "La passione di Giosué l'ebreo" anche quest'ultimo di Pasquale Scimeca, di cui sempre la Meghnagi è l'autrice delle musiche. Sarà un motivo per rivedere delle rilevanti sequenze di entrambi i film e sentire dalla viva voce dell'autrice come ha costruito le due colonne sonore.
La passione di Giosué l'ebreo si può definire un film censurato dal mercato e dalla Cei, per cui poco visto in sala e mai uscito in dvd. Vi aspetto. Sebastiano Gesù

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Messaggio  Hirundo Hiberna Gio 13 Mar 2008 - 22:30

Oggi ho fuso il motore della macchina. Me lo sono perso. Avevo pure pagato la baby sitter ....
HH Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad Mad
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Messaggio  Martins Gio 13 Mar 2008 - 22:41

Ma capitano tutte a lei?????????!!!!!!!!!!!!!!!!!!?????? afro MAH....!
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty SCIMECA E MIRIAM MEGHNAGI

Messaggio  iano Ven 14 Mar 2008 - 4:38

Che artista eccezionale questa Meghnagi da tutti i punti di vista, non ultimo quello umano.
Coltissima, parla, scrive e anche traduce, almeno 10 lungue, dall'arabo all'ebraico, dal ladino allo spagnolo al mandingo al francese, inglese tedesco spagnolo, per non parlare dei dialetti...Laureata in Filosofia con specializzazione in Psicologia ee Etnomusicologia, ricerca, scrive elabora musiche da tutte le parti del mondo e le interpreta anche con la voce. E si rimane incantati a sentirla parlare...

Ma torniamo a Scimeca e al suo modo di fare cinema...


Scimeca favolatore dialettale

Fieramente monocorde nello stile, nell’itinerario narrativo e nell’attenzione per le storie locali e per la cultura isolana, Scimeca opera un recupero dell’identità culturale che lo fa apparire un moderno “felibre siciliano”, oltre che un sognatore umanitario, impegnato a sottolineare le affinità e le condizioni comuni a tutti i deboli, gli ultimi della terra, tendendo perciò a oltrepassare ogni limite localistico e confine regionalistico. Da abile favolatore qual è, Scimeca nel raccontare il suo ciclo dei vinti passa di capitolo in capitolo dall’epica, al dramma, alla tragedia, sempre con tono da cantastorie…il suo modo di rappresentare scaturisce naturalmente dal “cuntu” della tradizione orale, anche quando si rifà apertamente alla pagina letteraria, come nel caso di Rosso Malpelo. Rosso Malpelo, benché fedele alla novella persino nei dialoghi, benché zeppo di riferimenti letterari, vere e proprie citazioni da Il rosario di De Roberto e da Comparatico di Capuana, per restare nell’ambito verista isolano, ma anche di quello lirico e surreale di Capitani della spiaggia di Jorge Amado, ci appare nella forma e nella sostanza come un film antiletterario per eccellenza. In buona parte è la componente etno-antropologica, che vivifica tutto il film, a suscitare quest’impressione, unitamente alla sapiente opera di trascrizione in dialetto della pagina verghiana. In tal senso regista e sceneggiatrice operano un processo inverso a quello verista dello scrittore catanese. Il Verga traduce sulla carta il dialetto siciliano, la parlata dei poveri, degli analfabeti, facendoli diventare lingua. Regista e sceneggiatrice a loro volta ritraducono in dialetto la lingua vulgata del Verga. Il dialetto ben si attaglia ai contenuti e ai protagonisti del racconto recuperando “il sublime” nella naturalezza e autenticità della lingua. Il dialetto delle origini con la sua ricchezza espressiva rafforza i valori della tradizione. Scimeca (alla maniera di Alessio Di Giovanni) usa «il dialetto puro e immediato, schietto e vergine» della propria terra, convinto che il dialetto aiuta i personaggi ad esprimere sentimenti sinceri. Di Giovanni, scrive: «solo nel dialetto il pensiero trova la sua naturale, nitida e vera veste, perché quasi sempre la lingua, troppo scaltrita e troppo abusata, offre solo una magnifica, se vogliamo, ma pericolosa tomba d’ogni spontaneità e d’ogni naturalezza». Parole che ben si attagliano al regista di Rossomalpelo. Scimeca fa recitare tutti gli attori nei loro dialetti d’origine: ne viene fuori una felice babele gergale, ricca di cadenze antiche, ancestrali, di memorie arabe, normanne, gallo-italiche dall’intimo e musicale ritmo di suono, di poesia, di profonde vibrazioni che partono da lontano, che provengono dalle voci degli avi per travalicare la comprensibilità, il senso. Nessun brano di dialogo è strettamente indispensabile. «È essenziale potere raccontare una storia col solo movimento», scriveva Visconti. Il dialogo diventa suono, come i rumori caratteristici reali, che risultano di grandissima importanza. I suoni possono formare da loro stessi un’immagine, una volta identificati, ed evocare così le cose (bellissima a tal riguardo la scena dell’osteria e della piazza tra i vagabondi ubriachi, la cantante e il suonatore). E la parola non è che il “suono” dell’uomo, così come il rumore del mare, del vento per la natura. Questa è la grande eredità viscontiana che Scimeca ha raccolto nel portare avanti l’incompiuta trilogia del gran lombardo: dei pescatori (La terra trema), dei contadini (Il giorno di San Sebastiano e Placido Rizzotto), degli zolfatari, con Rossomalpelo.

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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA - Pagina 2 Empty Dialetto e poesia

Messaggio  Hirundo Hiberna Sab 15 Mar 2008 - 17:33

La lingua italiana è come una moneta, spesa e abusata, consumata da infiniti passaggi di mano in mano. Perde contorni, appare levigata al tatto, liscia e priva di accenti, usurata. Il dialetto in un'opera d'arte è una scelta coraggiosa e poetica. Recuperare alla parola la sua verginità perduta, restituirle la forza che l'uso meccanico della lingua quotidianamente le contende, è la scommessa della poesia e di ogni linguaggio artistico che è sempre scarto, allontanamento dalla lingua d'abitudine. Ma il dialetto di Scimeca è la babele dei dialetti affini e tuttavia diversi, operazione di ricerca di un'identità negata, che appare ancora una volta uno dei tanti percorsi del film. Persino ultimo baluardo no-global, oserei.
Un'operazione di segno simile a quella delle poesie friulane, ma inversa rispetto al romanesco uniformato e intenzionalmente abbassato di grado dei film di Pasolini, simbolo dell'omologazione capitalistica di quegli anni?
HH
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Messaggio  iano Sab 15 Mar 2008 - 22:28

Dialetto e Territorio: binomio inscindibile.

Dopo la riflessione sul dialetto, credo che occorra fare una breve considerazione sul paesaggio (territorio geografico e dell'anima), dove la vicenda di Malpelo è ambientata da Scimeca. Un territorio che vi consiglio di visitare come scuola perché rivelatore di tante conoscenze e informazioni di vita del nostro popolo siciliano, del quale i minatori costituivano una grossa fetta, sicuramente la più sofferente e dolorante.

Nel cuore remoto dell’isola

La desolata esperienza esistenziale di Malpelo minatore viene spostata da Scimeca da una cava di rena dei sobborghi catanesi, in cui l’ambienta Verga, nell’entroterra minerario siciliano, nel bacino zolfifero ennese di Floristella Grottacalda. Nel cuore remoto dell’isola. Una terra tarlata e stenta, un paesaggio arroventato; una campagna sterminata. Una distesa infinita di solitudine e miseria con su in cima a pigre groppe di colline sparsi paesini. È la Sicilia gialla e riarsa delle stoppie. Memoria di un mondo estremo, disumano, dove l’albero spoglio non da riparo, dove lo stridere del grillo ti urta e ti smemora e l’arida pietra “non dà alcun suono d’acque”. Quando la macchina da presa sale dalla notte della zolfara l’avvampante nudità del paesaggio si accompagna a un’idea di violenza e di morte. È un paesaggio aspro e intenso quello del film, eloquente elemento di forza visiva, come lo è nell’arte verghiana il rapporto uomo/natura.
Se il buio della miniera è per Malpelo il luogo della fatica e degli stenti il mondo esterno è il luogo del dolore e della sofferenza interiore. Lavorare duro non ti consente neppure di pensare, le sue considerazioni sull’ inutilità dell’esistenza: che la vita è una continua perdita, che vivere vuol dire solamente soffrire, Malpelo le fa in questo vagabondare con la bambina e con Ranocchio, sulla rocca dell’antico castello, tra i dirupi, dinanzi alla carcassa del vecchio asino grigio spolpata dai cani, in aperta campagna, tra il frinire delle cicale, che mal sopporta. Più che dal duro lavoro della zolfara, dal maltrattamento dei picconieri, il Malpelo di Scimeca si crea la sua pessimistica Weltanschauung, il suo sentimento di solitudine, dal mondo circostante: l’assenza di una famiglia, la perdita di Ranocchio, la mancanza di solidarietà tra gli zolfatari, a cui adduce la morte del padre, dal degrado umano dell’osteria, da un disperato gioco di destini che non risparmia nessuno.
La stessa austerità della rupe, sovrastata dall’antico maniero normanno, di Sperlinga, con le sue misere casupole scavate nella roccia, rifugio e riparo di sopravvivenza, non sembra trovare mestizia e conforto al sincero affanno del fanciullo.

iano

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