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Messaggio  Hirundo Hiberna Gio 28 Feb 2008 - 18:31

Cari amici,
è sempre difficile rompere il ghiaccio, decidere da dove incominciare. Ebbene, partiamo dall'inizio:

"Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; e aveva i capelli rossi perché era malizioso e cattivo";

Esterno - giorno. Malpelo e Mastru Misciu, in groppa ad un asino, si dirigono verso la cava.


Sono questi rispettivamente i due INCIPIT, del racconto verghiano e probabilmente della sceneggiatura del film di Scimeca.
Tenendo presente l'inevitabile confronto con la novella, ma ricordandoci di guardare il film in sé e per sé e non come una meccanica trasposizione della narrazione verghiana, vi invito a dire la vostra. Quale sequenza vi ha colpito di più? Perché? Quali sono le aggiunte narrative rispetto alla novella? Vi siete accorti dello spostamento temporale della vicenda? Il racconto verghiano si snoda sull'ultimo scorcio dell'800, il film sembrerebbe ambientato nel secondo dopoguerra.
Nella speranza che il Prof. Sebastiano Gesù, noto critico cinematografico e vero mecenate del cinema indipendente, del cinema siciliano, del cinema d'essai (per capirci, quel cinema anti-hollywoodiano che non entra nei grossi circuiti commerciali per un ... eccesso di qualità!) e il regista Pasquale Scimeca mantengano la promessa di fare una chiacchierata con noi, vi aspetto numerosi!!!
Prof. ssa Marta Aiello - Hirundo Hiberna


Ultima modifica di Marta Aiello il Dom 9 Mar 2008 - 17:39 - modificato 1 volta.
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty bel film...

Messaggio  Enrica Ven 29 Feb 2008 - 0:23

il film è stato molto bello!! beh certo si capiva che non era ambientato nell'800... anche perchè non credo che a quell'epoca esistessero gli accendini e le sigarette... e nemmeno le giostre Very Happy ! ci sono state tante belle scene: la prima, quando malpelo è sulla giostra con ranocchio e ride e si diverte... poi gira la testa e vede la madre con la valigia che sta andando via, allora tutte le voci intorno a lui cessano... si vede solo malpelo che si rende conto che ha perso tutti, anche la donna che lo ha generato e non lo ama per niente... anzi lo considera solo un impiccio e un motivo di vergogna Sad ! E poi fantastiche le scene di amicizia tra ranocchio e malpelo che si prende "cura di lui" e lo vuole bene a suo modo Smile E poi troppo divertente la scena dove ci sono quei 2 vecchi che litigano (e non si capisce un tubo!) e nel frattempo si vede una signora bionda col seno enorme (sembrava una latteria Twisted Evil ) che canta!! ahahahahah bellissimo!! Fatte molto bene sia le scene drammatiche che quelle poche comiche...
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Messaggio  Giancarlo_Samperi Ven 29 Feb 2008 - 3:37

Io invece mi sono accorto dell' anacronismo in una scena in cui c'era Rosso Malpelo che parlava con i suoi "colleghi", e questi bambini ,raccolti intorno a lui,avevano le scarpe da ginnastica.
Al di là di questi "sfruculiamenti",l'aspetto che mi ha colpito maggiormente nel film non è nè l'ineluttabilità del destino nè la rassegnazione di chi ne è vittima;bensì ho notato l'enorme forza soggiogatrice che esercita la superstizione.Nella mentalità siciliana che si può evincere dal film,essa è più forte della religione,in quanto contraddice alla grande la predicazione dell'amore verso il prossimo;è più forte della pietà,perchè neanche la morte di un padre conta nulla se hai " u malu pilu";è più forte addirittura del naturale amore di una madre verso il figlio,poichè se esso è ritenuto dalla gente come diretto discendente del demonio, la madre stessa,totalmente plagiata dal contesto in cui vive,sembra condividere pienamente quest'assurda idea.

Infine,ritengo che una novella come Rosso Malpelo potesse essere scritta solo da Verga:a causa della sopra citata "obbedienza alla superstizione",non credo infatti che una novella del genere possa essere stata ambientata in una qualsiasi altra parte d' Italia,dove questo concetto non è mai stato così radicato.
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty Quattro sequenze esemplari

Messaggio  Hirundo Hiberna Ven 29 Feb 2008 - 15:59

Va bene, mettiamo un po' di paletti. Una cosa è parlare della Storia che viene narrata, altra cosa è interrogarsi su come è narrata la Storia. Ecco quattro sequenze del film in cui il regista ha fatto delle scelte fortemente difformi dal testo verghiano. Sceglietene una, quella che vi ha colpito di più. Cosa ne avete pensato?

1) Nella cava. D'un tratto la rena si sgretola. Frana. Mastru Misciu si accende una sigaretta.

2) Nella cava, poi fuori. Viene ritrovato il cadavere di mastru Misciu. Sull'onda di un rock disperato, Malpelo fugge nei campi e raccoglie le verdure per la minestra che offrirà ai bambini.

3) E' notte. Due paesani allucinati, una compassata prostituta con un prosperoso (e felliniano, ma di questo parleremo dopo) "davanzale" e un quarto sinistro figuro che regge una gallina "dalle uova d'oro" ("fa uova grosse così", giura poco prima il proprietario della gallina nell'osteria, facendo un inequivocabile gesto) cantano e danzano tragicamente davanti al sagrato desolato di una Chiesa chiusa.

4) Alle giostre. Tutto vortica intorno a Malpelo. Con una valigia in mano e un uomo al fianco, sua madre scompare in lontananza.

Senza che questo vi spaventi ma nella speranza che, al contrario, vi esalti, tenete presente che fra qualche giorno il regista in persona, Pasquale Scimeca, entrerà nel forum e leggerà con ovvio interesse i vostri commenti. Per farla breve, nun ci facemu a malacumpassa, please!
Dico così, ma io so che sarete bravissimi.
HH Very Happy
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty L'ultima Sigaretta

Messaggio  CapaMatta Ven 29 Feb 2008 - 20:09

Mastru Misciu si accende una sigaretta, nel buio della caverna, avendo capito che la sua fine è giunta. E' la tacita rassegnazione, dopo i numerosi e vani tentativi, al proprio destino, l'ipossibilità di superare le barriere (la frana) più grandi di se stessi. E' una visione pessimistica, accentuata dalla rassegnazione, della vita, anche se qualcuno prova a tirarci fuori da situazioni difficili (Malpelo), a volte, è inutile e la sconfitta è evidente. Il tema dell'impossibilità di cambiare il proprio destino è fondamentale, a mio avviso, nell'intero film, così come nella scena di Mastru Misciu anche nell'ultima (Malpelo si addentra nella cava) il proprio destino è inevitabile e si accetta senza opporre eccessiva resistenza. E' la storia di un popolo, di una cultura, succube del proprio destino, delle etichettazioni ricevute, incapace di lottare, di vincere i pregiudizi e mostrare a tutti quanto splendente sia il sole che porta dentro.
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Messaggio  elisuccia91 Sab 1 Mar 2008 - 21:36

Malpelo con un'ammirevole atteggiamento di paternità paga il biglietto ai due bambini e così li rende liberi di distrarsi dalla vita di travagli a cui la loro condizione li costringe.E lo stesso Malpelo riesce a trovare un attimo di calma e di divertimento se non che nell'oscurità scorge la madre andare via con un uomo.Allora tutte le ansie e tutte le preoccupazioni riaffiorano nella sua mente : non tanto per la madre che in realtà l'aveva abbandonato già da tempo e che "non aveva mai pianto per lui" quanto perchè quell'abbandono "definitivo" lo fa riflettere "se davvero fosse stato meglio non nascere mai". Qui si rende davvero conto della sua condizione di solitudine, di essere "un monellaccio che nessuno avrebbe voluto vederselo davanti,e che tutti schivavano come un cane rognoso e lo accarezzavano coi piedi" e dunque di non avere niente a che fare con quel mondo che l'aveva rifiutato a cominciare dalla madre e dalla sorella che non si erano preoccupate neanche di lasciargli un tetto sotto cui dormire e ripararsi. E nonostante l'intero mondo l'abbia abbandonato a se stesso, ancora così giovane e impreparato ad affrontare la vita, Malpelo non manca di preoccuparsi per quei bambini che egli vede così indifesi e in cui lo stesso Malpelo rivede la sua infanzia mancata.A questo proposito è di grande efficacia la scena in cui,sotto uno sfondo rock,il giovane ragazzo raccoglie con foga le verdure che gli serviranno a preparare la minestra per i "suoi bambini". Lo sfondo rock usato in questo contesto a mio parere aiuta lo spettatore a distogliersi da tutto il resto e a concentrarsi unicamente su questo ragazzo che corre disperatamente, che vorrebbe non pensare più a niente, che è cresciuto e diventato padre troppo in fretta. E nonostante questo l'affetto che egli prova nei confronti dei bambini e in particolare di Ranocchio si esplica al massimo nella scena in cui dopo aver fatto visita alle spoglie dell'asino grigio Ranocchio non ha più le forze per camminare e Malpelo lo carica sulle spalle in un atteggiamento paterno di grande affettuosità. Da questa scena-chiave emerge l'idea che Malpelo era "malizioso e cattivo, un brutto ceffo,torvo,ringhioso e selvatico" solo perchè la gente voleva vederlo così,non volendo andare oltre le apparenze,non riuscendo a capire l'immenso amore che si celava sotto l'aspetto di un ragazzino a cui del resto era solo stata negata l'infanzia e che, per la cattiveria e l'egoismo di qualcun altro, era dovuto crescere così in fretta senza una guida che fosse in grado di renderlo "avvezzo al vivere".

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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty Un gran bel film

Messaggio  Yorick Lun 3 Mar 2008 - 21:01

Mastru Misciu sta per fare una fina orrenda, ma si accende una sigaretta. Mastru Misciu solo adesso ha raggiunto un attimo di pace nella sua disgraziata vita: ha il diritto di accendersi una sigaretta. Scena praticamente in bianco e nero, volto emaciato, ma che ricalca quello di Humphrey Bogart; la gestualità è poi quella del mitico attore di Casablanca. Un corto circuito tra la novella verista, il film di denuncia e il cinema hollywoodiano.

Grazie al cielo questa volta non ci hanno portato a vedere un polpettone stile I Vicerè, lo capisco subito da questa prima scena, mi accomodo meglio sulla poltroncina, e mi aspetto qualcosa di buono. Il film non delude; anzi, secondo il mio modesto parere, è stato raggiunto un risultato straordinario. C'è una fedeltà al testo verghiano che non è vile e servile, ma creativa. La scelta dei vernacoli siciliani è azzeccatissima. Non si poteva fare altrimenti. Il film è sospeso tra il realistico e il visionario. E' straordinario il contrasto ripetuto tra l'ombra della miniera e la luce accecante della campagna arida, della cava, su cui si stagliano le figure nere degli uomini e delle donne.

Il film può essere letto a più livelli, come accade sempre in un buon film, e onestamente, il livello della denuncia sociale, è quello che gli sta più stretto, anche se mi rendo conto che, per motivi di distribuzione e promozione, si batterà soprattutto su questo. Ma è un film sulla tragedia della condizione umana. L'umanità nella caverna si abbrutisce, è in balìa di mere forze fisiche ed economiche, perde la sua bellezza e la sua grazia. Tutto è oscuro e senza forma nella caverna, mentre gli uomini aspirano in cuor loro ad essere belli come il sole. Magistrale la scena di Malpelo e della bambina sdraiati a contemplare il cielo e Malpelo che sa da sempre che siamo "stelle", prima di nascere e dopo la morte, siamo tutti stelle.

Ho provato a far emergere questa dimensione del film, anche nella mia domanda al regista, questo aspetto platonico, di speranza, che è evidente anche in quell'altra bellissima sequenza di Malpelo che sogna di fuggire spinto da un rock violentissimo e di creare una Repubblica platonica dei bambini dove tutti sono eguali e liberi. Questo è il sogno dell'umanità.

Invece gli uomini, come per una misteriosa colpa, si condannano a vivere in caverne, in case-caverne, in osterie-caverne, in postriboli-caverne. Non è solo un problema di classe: tutti fanno una vita infernale. Il proprietario della miniera che adesca la sorella di Malpelo, è il più abbrutito di tutti, il più squallido, anche se a prima vista potrebbe sembrare il beneficiario di tutto il sistema. Ma anche la sua vita è uno schifo: manda a morire la gente, crede di poter comprare tutto col denaro.

Poi c'è un altro filone che è quello, diciamo così, felliniano (ma non solo), della follia, della comunicazione preverbale, del sogno, dell'animalesco, della canzone, della giostra, della donna, in sequenze mirabili, notturne, strampalate, come quella, lunghissima della piazza.

E poi, ancora, il richiamo vero e proprio agli antichi tragici. La morte non viene mai rappresentata sulla scena, tranne in quel quadro violentissimo della casa stravolta dall'assassino geloso, che sembra un dipinto di Goya o di Velàzquez. Malpelo che si concede come capro espiatorio. E un ritmo ineluttabile e fatale che ci conduce inesorabilmente dalla morte del padre alla morte del figlio. Ci sarebbero senz'altro tante altre cose da dire. Avrei bisogno di una seconda visione. E credo proprio che rivedrò il film e lo farò rivedere.


Ultima modifica di Yorick il Dom 9 Mar 2008 - 18:53 - modificato 1 volta.
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Messaggio  Martins Mar 4 Mar 2008 - 16:13

Vedo che mi sono persa proprio un bel film...peccato...!!!! E pensare che per il polpettone-Vicerè...c'ero!!!! Questa si che è sfortuna.... scratch
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Messaggio  Deborucciah Mer 5 Mar 2008 - 1:45

Si,è vero,Malpelo è consapevole che l'uomo sia una stella.E per un attimo si perde e anela a questa dimensione di pace,di tranquillità.Ma è un attimo.Non dimentichiamo che il ragazzo non ha casa,e se vogliamo non ha nemmeno una famiglia che sappia amarlo,e la sua vita si svolge tutta all'interno della cava,quel luogo a cui è destinato e al quale è stato abituato a vivere.Malpelo odia le notti di luna, la "placida notte", il "verecondo raggio della cadente luna" perchè per lui "ci dovrebbe esser buio sempre e dappertutto".Come qualcuno sopra proponeva, si potrebbe leggere nella novella,in special modo nella rappresentazione degli impiegati presso le cave,una ripresa del mito platonico,in cui l'uomo ancorato alle proprie conoscenze ritenute "assolute" non si smuove dalla propria condizione se non vi è lo schiavo che lo conduce a vedere la luce.Ora,potrei pure sbagliarmi,ma per me è così,la situazione si ripete:l'uomo ottocentesco è l'uomo del primo progresso,è l'uomo legato quanto mai alla sete di potere,al lusso,ai beni materiali.Sono questi gli ideali che insegue,in una corsa all'arricchimento sulla pelle degli altri.Anche il mondo popolare sembra essere regolato da quelle crudeli leggi che vigono presso gli strati più evoluti e benestanti.E una società in questi termini profondamente segnata e Verga avverte la situazione con profondo disagio,mostrandosi sfiduciato in merito alla possibilità di cambiare la condizione umana. Così che il personaggio verghiano sembra incarnare il senso di questo scetticismo.

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Messaggio  Giancarlo_Samperi Mer 5 Mar 2008 - 17:29

Un altro aspetto interessante,secondo me,è il contrasto ,fortissimo,tra un'accennato ottimismo e un tenebrosissimo pessimismo.Confronto che nasce,si sviluppa e muore all'interno del protagonista stesso.Al di là della conclusione della vicenda,univocamente legata ad un destino inevitabile (e già scritto),è difficile capire cosa pensi davvero Malpelo,nonostante le sue parole durissime nei confronti di una vita che si è rivelata nient'altro che una terribile agonia.Se da un lato abbiamo un pensiero esclusivamente pragmatico (che si rivela quando dice,ad esempio, " i cosi vecchi s'ana ittari"),dall'altro la durezza delle sue parole perde di coerenza con la decisione di aiutare Ranocchio,di essergli quasi amico,più che semplice compagno di lavoro.E da questo punto di vista acquisisce un'importanza enorme il gesto di pagargli il giro sulla giostra: a Malpelo non frega nulla del sudore con cui si è guadagnato quei soldi,nè del fatto di utilizzarli per qualcosa di futile:il suo è un senso di protezione quasi paterno.La stessa scena finale è davvero simbolica: consapevole di andare incontro alla morte,accenna un sorriso alla telecamera.E' la prima volta che sorride,Malpelo;e lo fa nel momento più tragico della sua vita.Per lui l'ottimismo non è sperare in una vita diversa,l'ottimismo è vivere con dignità la vita che gli è stata concessa.
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty A proposito di Rosso Malpelo di Pasquale Scimeca

Messaggio  stelladoro Ven 7 Mar 2008 - 17:56

A proposito di ROSSO MALPELO di Pasquale Scimeca. Mariuccia Stelladoro

Ringrazio i colleghi Marta Aiello e Alessandro Salerno che, con la creazione del locus amoenus, hanno reso fattibile una forma di comunicazione intensa ed estesa, anche se virtuale, contribuendo a superare l’incomunicabilità reale. Un vivo ringraziamento anche alle colleghe Rosa Alba Papale e Nunziella Giuffrida la cui collaborazione mi è stata davvero preziosa nell’ambito del comune progetto di Educazione alla legalità entro il quale si è svolto l’incontro con il regista Pasquale Scimeca e con il critico cinematografico Sebastiano Gesù, che ha preceduto la proiezione del recente film Rosso Malpelo in occasione dell’ Assemblea d’Istituto che ha visto la partecipazione collettiva e unanime dei discenti del classico e dello scientifico. Realizzato in collaborazione con il Ministero della Solidarietà Sociale al fine di aiutare i bambini boliviani che ogni anno muoiono in condizioni disumane, il film vuole essere una denunzia della schiavitù minorile in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Per questo motivo nella Novella (che in un primo momento, tra il 2 e il 5 agosto del 1878, comparve a puntate sul giornale Il Fanfulla e che solo in seguito, nel 1880, fu inclusa nella raccolta Vita dei Campi) volutamente imprecisato è il tempo storico che accentua il valore universale del messaggio veicolato, e per conseguenza anche lo spazio assume un valore simbolico esistenziale, fungendo da ideologema e divenendo una parabola sulla diversità degli esclusi e sulle regole tanto assurde quanto strane secondo le quali si è accettati o emarginati, sulla sofferenza, la solitudine e la disperazione diretta e quasi selvaggia in un mondo da cui sono banditi i sentimenti, i valori, la morale e la solidarietà. Malpelo è un diverso e la sua diversità è sancita da pregiudizi, che, se da un lato lo rendono protagonista fornendogli una dimensione eroica, dall’altro gli creano un intenso e incolmabile vuoto intorno. A dire questa crudele realtà una difficile commistione linguistica: da un lato una lingua colta, dall’altro espressioni che si avvicinano al dialetto nell’uso della sintassi e del lessico non ad un dialetto vero e proprio: il dialetto verghiano serve a conferire alla narrazione un’impronta tutta locale. Non a caso il tempo verbale predominante è l’imperfetto atto a designare la ripetitività delle azioni e quindi una situazione che continua –è triste dirlo- e la concatenazione, tipica dell’epica popolare, conferisce a Rosso Malpelo un’atmosfera leggendaria che lo proietta al di fuori della storia e mentre lo rende mitico nel finale con il suo tono da fiaba lo ammanta pure di un alone di universalità: le vittime dello sfruttamento del lavoro minorile, le cui condizioni sono simili a quelle di animali da soma e la cui esistenza è quella di reietti della società, che da questa disumana condizione hanno derivato un carattere chiuso e duro, cinico e spietato, esistono tutt’ora! Scimeca ha realizzato un’opera culturale e sociale benemerita, frammista alla finalità educativa ed artistica: il testo letterario con il suo carico di valore contenutistico e formale, grazie al suo film, è arrivato ad un pubblico più vasto e dai limiti imprevedibili, accolto da ogni spettatore e finalizzato all’arricchimento e all’affinamento del proprio patrimonio di conoscenza del mondo, dei suoi problemi e pregiudizi. Questa dura realtà di oppressi e oppressori è stata sapientemente rappresentata dal regista con dovizia voluta di particolari crudi, vivi e cruenti proprio come la vita, che è spietata. Vero è che ogni opera d’arte vive nella dimensione in cui è stata concepita e che trasferirla o trasportarla dal linguaggio letterario originario ad un altro differente, quello cinematografico, significa cancellarla e/o negarla. Ma, quando il cinema ricorre a un testo letterario il risultato migliore è sempre una trasposizione di tipo illustrativo che dell’originale letterario conserva la storia, le situazioni, i personaggi, il cronotopo e la lingua. E altrettanto vero è che il cinema racconta per immagini e che la sua espressione è figurata proprio come quella dei sogni. E che cosa fa un sogno? Affascina, spaventa, esalta, angoscia, nutre! Nel cinema il dialogo e le parole sono funtivi della funzione informativa permettendo di seguire razionalmente la vicenda alla quale conferiscono un senso di verosimiglianza. Così, riversando sulle immagini riferimenti reali le spoglia di quel senso di irreale tipico dell’immagine onirica e del linguaggio visivo del sogno, e con la sua potente seduzione evocativa le rende vive, vere, profonde nella crudeltà, rappresentative di una realtà che è tanto più sofferta quanto più assurdi sono i pregiudizi che la attanagliano: un ragazzo orfano, sfruttato in una cava di sabbia e relegato all’ultimo gradino della scala sociale, costretto a subire i soprusi di tutti, prende consapevolezza del fatto che i rapporti umani si fondano solo ed esclusivamente sulla legge del più forte. Cosa gli resta da fare se non adeguarsi a questa legge assurda? Comincia egli stesso a picchiare chi è più debole: la violenza genera violenza! Eppure la sua violenza non è fine a se stessa, non è mai crudeltà pura e semplice ma è alimentata da un intento educativo (assurdo!). Così, sicuro che le uniche soluzioni possibili siano o quelle di morire o quella di picchiare, Rosso Malpelo si assume il compito di insegnare al fragile e mite Ranocchio a reagire. La decisione di accettare la morte nasce in Malpelo dopo che qualsiasi rapporto con la vita si è ormai disgregato. Avendo perso tutti gli affetti, ora, nella più assoluta e sterile solitudine affettiva e sociale, l’unico rifugio diventa per lui proprio quella cava di rena rossa, rossa come il colore dei suoi capelli, e lì, dove è morto pure suo padre, anche lui vuole perdersi come a ritrovarlo, fuggendo lontano, il più lontano possibile da un mondo che l’ha sempre relegato ad un ruolo marginale, respinto con la sua inaudita violenza e i suoi pregiudizi. Ma lì, per un assurdo contrappunto di opposti, trova una forma di riscatto sociale divenendo egli stesso immortale nella rammemorazione popolare ma anche spaventoso e terrificante proprio come un essere infernale. Tutto contribuisce a rivelare un mondo distorto e capovolto in cui normale è solo ciò che è assurdo, in cui proprio i buoni sentimenti sono criticati, biasimati e considerati addirittura frutto di malvagità o di stupidità (Rosso e Masciu). Ed è proprio questo mondo alla rovescia che costringe l’oppresso a credere che in lui vivano le ragioni dell’oppressione, motivo per cui Rosso decide di andare a morire nella cava, come gli chiedono. E in questo mondo assurdo la figura di Ranocchio (ingenuo) si configura come uno sdoppiamento di Rosso (coraggio). Non solo, ma per Malpelo Ranocchio è molto di più: è la sua controfigura, il suo stesso infantile animo e la proiezione dei suoi più riposti desideri. Perché? Perché alla sua morte Ranocchio avrà l’amore e le lacrime amare del pianto di sua madre mentre a Rosso sarà negato anche questo.
Mariuccia Stelladoro

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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty Le occasioni mancate

Messaggio  Hirundo Hiberna Dom 9 Mar 2008 - 20:13

Scimeca interverrà nel forum. Probabilmente questa settimana. E' per noi un onore, oltre che un'opportunità culturale unica. Ma sui pochissimi interventi che ci sono, la maggior parte sono di noi prof. Io stessa penso di inviare il mio lunghissimo post (che nessuno leggerà). E' veramente triste che ci sia così poco materiale messo su dagli studenti! Soprattutto è un vero peccato che nessuno di voi (voi, gli studenti delusi da un liceo poco elitario e poco meritocratico che non vi permette di mettere a frutto le vostre superbe intelligenze!!!!) si sia reso conto di quanto questa occasione fosse unica. Quando mai vi succederà nella vita di vedere un film e chiacchierare con chi lo ha prima scritto e poi girato inquadratura per inquadratura? E' come leggere un'opera letteraria e dialogare con l'autore, dovrebbe essere esaltante! Io gli chiederei: come ha girato questa scena? Come ha avuto l'idea di scegliere quest'altra scena? Perchè? Come lo ha scritto il film? Mettendo le scene in parole? Leggendo la novella e solo dopo molto tempo reinventando la storia? Cos'ha voluto dire con quella o quell'altra scena? Come ha scelto la colonna sonora? Perché Ranocchio non muore in scena come nella novella? Perché si è inventato che la famiglia di Ranocchio muore massacrata dal padre geloso, visto che in Verga questo non c'è? Perché la giostra? Perché cominciare il film da prima della novella? Perché scegliere Malpelo e il padre su un asino nella prima inquadratura? La novella comincia in modo diverso! E insomma, io avrei da chiedergli un miliardo di cose! E invece no, il film era solo un buon pretesto per perdere un giorno di scuola e chiuso lì.
Fatemi il favore, di grazia, di smetterla di accusare il sistema scuola e cominciate a vedere se un sistema non funziona perché i suoi elementi sono inadeguati!!!!
HH


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Messaggio  Giovanni T. Dom 9 Mar 2008 - 20:18

Marta Aiello ha scritto:Mi ha contattato Scimeca per intervenire nel forum. Ma sui pochissimi interventi che ci sono, la maggior parte sono di noi prof. Io stessa penso di inviare il mio lunghissimo post (che nessuno leggerà). E' veramente triste che Scimeca entri nel forum e ci trovi così poco materiale! Soprattutto è un vero peccato che nessuno di voi (voi, gli studenti delusi da un liceo poco elitario e poco meritocratico che non vi permette di mettere a frutto le vostre superbe intelligenze!!!!) si sia reso conto di quanto questa occasione fosse unica. Quando mai vi succederà nella vita di vedere un film e chiacchierare con chi lo ha prima scritto e poi girato inquadratura per inquadratura? E' come leggere un'opera letteraria e dialogare con l'autore, dovrebbe essere esaltante! Io gli chiederei: come ha girato questa scena? Come ha avuto l'idea di scegliere quest'altra scena? Perchè? Come lo ha scritto il film? Mettendo le scene in parole? Leggendo la novella e solo dopo molto tempo reinventando la storia? Cos'ha voluto dire con quella o quell'altra scena? Come ha scelto la colonna sonora? Perché Ranocchio non muore in scena come nella novella? Perché si è inventato che la famiglia di Ranocchio muore massacrata dal padre geloso, visto che in Verga questo non c'è? Perché la giostra? Perché cominciare il film da prima della novella? Perché scegliere Malpelo e il padre su un asino nella prima inquadratura? La novella comincia in modo diverso! E insomma, io avrei da chiedergli un miliardo di cose! E invece no, il film era solo un buon pretesto per perdere un giorno di scuola e chiuso lì.
Fatemi il favore, di grazia, di smetterla di accusare il sistema scuola e cominciate a vedere se un sistema non funziona perché i suoi elementi sono inadeguati!!!!
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Ammetto sicuramente che si tratta di un'occasione mancata. Vorrei però lanciare una provocazione.
Purtroppo in certe classi ci si sofferma, più che sul testo vero e proprio, su vita, opere e ideologie degli autori via via trattati. Immagino che la mancata partecipazione degli studenti sia causata dalla mancata conoscenza della novella....

Giovanni T.

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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty Waiting for Scimeca ...

Messaggio  Hirundo Hiberna Lun 10 Mar 2008 - 15:28

Io non sono un critico cinematografico. Sono quel che si dice uno spettatore medio. Ma oggi voglio giocare a darmi le arie da critico troppu spertu quindi, come ogni critico che si rispetti, inizierò con lo storcere il naso sull’operazione cinematografica di Scimeca e condurrò la mia analisi a partire dalle scelte che mi sono apparse meno felici.
Ci sono almeno due ragioni per cui Scimeca decide di percorrere la strada più facile e di privilegiare la tematica solo più apparente della novella verghiana, impostando il film sullo sfruttamento minorile, in un conflitto quasi manicheo fra il bene, incarnato dai bambini e il male rappresentato dal mondo degli adulti. La prima, perché il film è stato confezionato ad arte per partecipare ai festival del cinema di ogni parte del mondo e, per non rimanere relegato al film d’essai, affronta il facile tema dello sfruttamento infantile che nei paesi evoluti è storia passata ma viva colpa nei confronti dei paesi sottosviluppati, e nei paesi sottosviluppati gli procaccerà una gran quantità di premi. La seconda ragione è dettata dalle modalità di finanziamento del film. Prodotto dalla Arbash film s.c.r.l. di Pasquale Scimeca, il film che rientra in un progetto di cooperazione in Bolivia (paese dove lo sfruttamento minorile è una piaga) si vale di un finanziamento che ammortizza i costi che una piccola casa di produzione fatica a sostenere.
Il film, insomma, deve realizzare un difficile compromesso fra film di genere, recupero letterario, film d’autore, commerciabilità anche nei circuiti internazionali. study
Scommessa ardua.
Ecco, un critico parlerebbe pressappoco così. Ma io nei panni del critico ci sto stretta, sono quasi certa che si perdono sempre qualcosa ...Sad
Prof.ssa Marta Aiello
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty ROSSO MALPELO - IL COMMENTO MUSICALE

Messaggio  iano Lun 10 Mar 2008 - 21:15

Leggendo le vostre riflessioni attorno al film ho avuto modo di notare che viene fatto spesso riferimento al commento rock che accompagna la fuga di Malpelo nell'aspra campagna siciliana dopo il ritrovamento del corpo del padre. Esordisco, perciò, nel vostro forum comuncandovi che Giovedì prossimo, 13 Marzo, alle ore 18.30 avrò ospite all'Università di Catania, Aula 1, l'autrice delle belle musiche del film: Miriam Meghnagi, compositrice, ricercatrice e cantante arabo-israeliana di fama mondiale (vedere meglio su Internet). Mostreremo spezzoni dei Film: "Rosso Malpelo" e "La passione di Giosué l'ebreo" di Pasquale Scimeca, di cui sempre la Meghnagi è l'autrice delle musiche. Vi aspetto, Proff. e studenti. Apresto, Sebastiano Gesù

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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty Benvenuto, Professore!

Messaggio  Hirundo Hiberna Lun 10 Mar 2008 - 21:29

Cari amici,
magnum gaudium ego nuntio vobis!!!
Come promesso, il Professore Sebastiano Gesù (vedete su Internet!!!) è entrato nel nostro forum per conversare con noi sul film che abbiamo visto insieme. Io inizierei proprio dalla scena in cui Malpelo fugge via sull'onda di un forsennato rock. Qualcuno di voi ricorda perché Malpelo scappa? Qualcuno di voi ricorda cosa fa immediatamente dopo? E' una scena chiave del film, questa. Chiederemo poi al Prof. Gesù di discutere insieme del significato di questa scena. Personalmente l'ho trovata molto bella, tanto più che, mi sembra di ricordare, è la prima scena del film in cui il regista in modo più dichiarato che non nella parte precedente (anche se già prima ci sono delle difformità narrative rispetto al testo letterario), si affranca dalla novella di Verga.
Vediamo cosa avete pensato voi di questa scena. Vediamo se vi è rimasta nel cuore.
HH
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Messaggio  Roberta Lun 10 Mar 2008 - 21:32

Il film di Rosso Malpelo è stato molto carino . Il regista è stato in grado di trasmettere il grande significato che contiene il film , che ci fa riflettere molto . Le condizioni in cui viveva Malpelo sono pultroppo presenti anche al giorno d'oggi in alcune parti del mondo. Secondo me è stato un pò deludente il finale , per il fatto che non è riuscito a comunicare le giuste emozioni di Malpelo . Infatti leggendo Verga sono riuscita meglio a capire quello che provava Malpelo , poichè l'autore riesce a farti entrare nella mente del protagonista ,e ad immedesimarti nel personaggio stesso , cosa che non c'è stata nel film.

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Messaggio  Hirundo Hiberna Lun 10 Mar 2008 - 23:38

In questo film la colonna sonora è uno degli elementi portanti. Siamo abituati ad un uso della colonna sonora più descrittivo, sottofondo di una scena. La colonna sonora di questo film si spinge oltre il commento e diventa senso. Non è forma ma è contenuto e persino struttura. study
Paroloni? affraid
OK, allora immaginatevi la stessa scena: per sfuggire all'orrore del ritrovamento del cadavere del padre (risolta come nella tragedia greca: la morte non viene portata mai in scena, se non quando il sacrificio è compiuto), Malpelo corre nei campi. Ma immaginatela senza la musica rock. Con una musichetta dal ritmo incalzante, un commentino musicale con ritmo serrato di quelli che siamo abituati a sentire per esempio nelle fiction televisive. E invece no. Scimeca e la Meghnagi scelgono il rock. Nella campagna siciliana la cui vita è scandita dal ritmo sempiterno delle stagioni, in una società arcaica dominata dalla violenza dello sfruttamento e dalla miseria, il regista ci piazza una musica rock.
Che ve n'è parso?
HH
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Messaggio  robersprina Mar 11 Mar 2008 - 0:01

a me il film è piaciuto molto soprattutto la parte dei vecchi che litigavano in piazza....mi ha fatto bene vedere questo film perchè ho capito ancora di più che quel poco che ho,per alcuni bambini è tanto...mi sono immedesimata nel protagonista...ogni tanto mi annoiavo perchè non capivo bene le parole...ho capito cosa fa fare la fame...il padre di mal pelo è morto per questo...ancora una volta dico "MALEDETTI I SOLDI"... x me i soldi sono la rovina di tutto...questo e tutto quello che posso dire del film...ringrazzio i prof. per avermi dato l'opportunità di vederlo...grazie di cuore....la vostra robersprinaaaaaaaaaaaaaaa...se volete parlare con me fate pure sono molto socievole sono del V A ciao e baci a tutti
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Messaggio  Cry_Cry Mar 11 Mar 2008 - 0:12

Esprimo un opinione secondo il mio modesto parere...
Nonostante non abbia letto tutta la novella posso fare un piccolo confronto e devo dire che la rivisitazione fatta dal regista è ottima.Ho trovato molto utile soprattutto l'ambientazione in un epoca molto vicina alla nostra,proprio per sottolineare quanto il problema dello sfruttamento dei minori sia attuale;tutto il film ruota intorno a questa problematica ma,come è stato già detto negli interventi precedenti,si possono cogliere anche altri aspetti ad esempio quello di una superstizione cosi fortemente radicata.Sinceramente sono rimasta molto colpita da questo aspetto,non solo per l'opinione "pubblica"secondo la quale Malpelo era "cattivo" e doveva essere escluso dalla società per il colore dei capelli ma sopratutto perchè la superstizione era tanta da mettere da parte anche gli affetti della famiglia tanto che malpelo dopo la morte del padre si trova completamente solo.Per quanto riguarda la scena a cui faceva riferimento la prof.ssa nell'ultimo intervento è sicuramente molto forte grazie all'aiuto del rock,però non mi ricordo il perchè e la scena immediatamente successiva Embarassed La scena che mi ha colpito di più però è quella finale,quando Malpelo entra nella galleria consapevole di non uscirne più...è l'esasperazione di una vita,brevissima,che porta un giovane a preferire di stare sotto terra piuttosto che sopra,il buio alla luce,la morte alla vita...senza dubbio il film,rispettando uno dei ruoli della novella,ci fa riflettere su quel tipo di società e sulla nostra...
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Messaggio  Yorick Mar 11 Mar 2008 - 0:55

Ringrazio il prof. Sebastiano Gesù per il suo "primo" intervento sul forum. Intervengo a mia volta per dire che ho conosciuto il prof. Gesù attraverso il meraviglioso "Festival del Cinema di Frontiera" che egli contribuisce a realizzare ogni anno in quel di Marzamemi. Si tratta di un festival veramente molto bello, che si tiene sempre nell'ultima settimana di luglio nella cornice dell'incantevole paesino di mare del siracusano. Si proiettano film di tutto il mondo e cortometraggi. Indimenticabile per me qualche anno fa la visione del film muto "Tabù" di Murnau con accompagnamento musicale dal vivo. E' un festival che sa dare emozioni e contenuti unici. Ormai sono diventato un fruitore abituale e infatti programmo le mie ferie in zona in funzione del festival. Invito tutti a parteciparvi, se si trovano in quel periodo in quella zona (Portopalo, Pachino, Marzamemi, San Lorenzo) o a pensare di passare lì quella settimana proprio perché c'è il festival.
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ROSSO MALPELO - L'INFANZIA RUBATA Empty ROSSO MALPELO E IL CINEMA DI SCIMECA

Messaggio  iano Mar 11 Mar 2008 - 1:26

Rossomalpelo, memorie dal sottosuolo

Tu non puoi senza dolore guardare le facce di questi uomini e di che colore sono ridotte quando salgono alla luce; Non vedi o non senti dire come sogliono morire in breve tempo e quanta parte di vita essi perdono ogni giorno dentro la terra in quella fatica sepolta, dove la dura miseria li costringe?
Lucrezio, De Rerum Natura

Come si può notare la condizione dei minatori è assai antica...

Anzitutto vorrei complimentarmi per i vostri interventi molto pertinenti, che rivelano una particolare attenzione alla visione del film, e dire immediatamente che non condivido i giudizi della prof.ssa Aiello sulla vostra apatia e poca partecipazione al forum (Prof. meglio pochi ma buoni come i maccheroni, dice un vecchio detto), per poi passare, ma più in avanti, a verificare il ruolo di critico che, la prof.ssa Aiello si è assunta.

A dire il vero ho già avviato per conto mio alcune riflessioni, che vorrei condividere con voi, su Rosso Malpelo e il Cinema di Scimeca, regista a cui noi siciliani dovremmo essere grati per l'onesta e la sincerità che mette nel raccontare la nostra Isola e il mondo degli umili e dei diseredati. Con grande abilità stilistica Scimeca coniuga sapientemente la cronaca con la storia; il dato etno-antropologico con la letteratura, creando un cinema di grande forza mitico-poetica, ma di salda aderenza alla realtà e alla cultura isolane...Sono convinto che il suo cinema dovrebbe entrare d'obbligo nelle scuole siciliane ed essere studiato come testo e non come pretesto, così come oggi rischia di essere. Non momento casuale e occasionale di visione, ma approfondimento audiovisivo di momenti, pagine e avvenimenti isolani spesso misconosciuti e/o trascurati dai programmi scolastici ufficiali, che ci aiutano a comprendere il travagliato percorso dalle nostri radici all'oggi.

Ma andiamo per gradi...

Contadini, zolfatari…

È lapalissiano che il cinema di Pasquale Scimeca mette in scena la memoria della Sicilia. Una memoria rinvigorita da tante pagine della più fulgida letteratura isolana, da cui il cinema di Scimeca trae sostanza e linfa vitale. Memoria intesa come recupero critico, l’evocazione come problema; il ricordo come interrogativo, non come rimpianto e nostalgia, melanconia senza riparo, come tempo immoto. Ma come archivio del ricordare, del pensare, del raccontare, del condividere, per togliere al passato ogni velame, ogni ombra, ogni dimenticanza. Rileggerlo come “ferita immedicata”, direbbe Consolo. Memoria di un’isola sconsolata fatta di terra e di pietra, quella tramandata da Scimeca, riconsegnata alla bianca tela dello schermo in maniera “liturgica”. Memoria, che “celebra” momenti, avvenimenti, personaggi considerati minori dalla storia ufficiale regionale e nazionale. Racconti di vite di umili, di dimenticati, di reietti("La Donzelletta", che non viene più dalla campagna). Storie di emigranti e di pastori ("Un sogno perso", "Gli indesiderabili"); di briganti ("Briganti di Zabut"), di sindacalisti, di contadini ("Il giorno di San Sebastiano" e "Placido Rizzotto"), di ebrei siciliani (La passione di Giosué l'ebreo") e ora di minatori e zolfatari.
Oltreché reinvenzioni visive, le immagini del regista madonita appaiono resoconti di epoche, in apparenza lontane, ma che raccontano condizioni di vita che ci appartengono e ci riguardano più da vicino, perché exemplum senza tempo e di ogni tempo. Nel cinema di Scimeca il presente e la memoria si intrecciano, travalicando il mero dato spazio-temporale. Le vicende assumono un valore emblematico, universale, divenendo simbolo della lotta contro i soprusi e l’ingiustizia; della difesa dei sottomessi, degli umiliati e degli offesi. Sono storie di muto dolore e di ribellioni; di oppressioni e di rivolte, storie di soccombenti, di vinti portatori di idee vincenti; storie di sconfitte vittoriose, modelli di esperienze, simulacro della realtà.
Ogni suo film è un capitolo emblematico di storia, un viaggio allegorico, una questione esistenziale. Un luogo di domanda, un rito che si incarica di illustrare la dolorosa via crucis del popolo minuto siciliano. Da sempre Scimeca racconta il dolore dell’isola e il suo sogno perso. Dei suoi film si può dire quello che Sciascia scrisse a proposito di tutta la sua opera letteraria: «Tutti i miei libri in effetti ne fanno uno. Un libro sulla Sicilia che tocca i punti dolenti del passato e del presente e che viene ad articolarsi come la storia di una continua sconfitta della ragione».
Nessun altro autore del cinema italiano ama come Scimeca i suoi personaggi: i suoi contadini, i suoi piccoli, miserabili eroi, «genere umano perduto», immerso nel quotidiano travaglio dell’esistere; trascinato ardentemente dal regista dentro strutture ricche di simbologie, rese oltremodo contemporanee, perché il cinema di Scimeca è un bell’esempio di saldatura di realismo storico e narrativo, di ascendenza verghiana e manuale archetipo di mitologie, tipiche della fabulazione vittoriniana.

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Messaggio  Hirundo Hiberna Mar 11 Mar 2008 - 1:47

Il professor Gesù perdonerà la mia irriverenza di qualche post fa. Ma, converrà che ci sono critici che scrivono mettendo le parole in punta di penna e critici che scrivono mettendo le parole in punta di cuore.
Qualche post fa parlavo appunto della scommessa che il film di Scimeca aveva da mantenere, di quanto la sua operazione fosse ardua. Il tema dell’infanzia sfruttata insomma si presta bene ad una lettura epidermica come del resto avviene per la novella verghiana. Già nel testo verghiano è presente il tema dell’educazione come trasmissione di coscienza di sé, come forma di auto-consapevolezza, ma esso costituisce solo la veste del racconto. Nella novella, il nome di Malpelo non esiste perché la storia è narrata tutta dal punto di vista della gente, secondo l'arcinota tecnica verista del discorso indiretto libero e dell’impersonalità. Occorre dunque interrogarsi proprio su questa scelta di Scimeca di narrare la storia assumendo invece lo sguardo del protagonista. Una scelta che ancora mi dà da pensare, e non per assurde ragioni di fedeltà al testo, sempre un’opera cinematografica si deve leggere in sè e non come meccanica trasposizione di un’opera letteraria; ma perchè inevitabilmente il film assume una dimensione lirica che ne semplifica il racconto. Nulla di simile avviene in Verga in cui il mondo dei bambini, feroce al pari di quello degli adulti e con pochissime concessioni, appare come il risultato malato della società di adulti tuttavia incolpevoli a loro volta, poiché anch’essi bambini un tempo, altrettanto vittime di una dis-educazione che impedisce loro di avere coscienza di sé.
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Messaggio  Giancarlo_Samperi Mar 11 Mar 2008 - 16:27

Per prima cosa volevo dire alla professoressa che,secondo me,non dovrebbe prendersela più di tanto se i ragazzi non scrivono in massa sul forum.E' semplicemente un'opportunità che ci viene data ma che non sfruttiamo,e lo facciamo deliberatamente.Ognuno avrà i propri motivi,tanto per scrivere quanto per non scrivere,ergo se ne assume le conseguenze,con la massima tranquillità.
Inoltre,volevo dire a Giovanni che è vero che non tutti i professori hanno imposto la lettura della novella,ma è anche vero che questo non ti impediva di leggerla per conto tuo,se eri interessato.

Venendo a noi,sono abbastanza sorpreso dalla popolarità suscitata dalle colonne sonore.Cioè,per carità,mi sono piaciute molto,Scimeca è davvero oleografico tanto nella scenografia quanto nelle musiche ,appunto,ma mi sorprende che esse suscitino spunti di riflessione maggiori al contenuto intrinseco del film.
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Messaggio  Hirundo Hiberna Mar 11 Mar 2008 - 16:35

In ogni caso, accetto la precisazione di Smpr, a volte le cose che amiamo ci impediscono di esserne equidistanti.
Quanto alla colonna sonora, in un film è colonna, cioé elemento portante (come una colonna). Non è per nulla un dettaglio! Insisto, immagina la stessa scena di Malpelo che scappa, con un'altro tipo di musica! Non avrà lo stesso effetto.
Scimeca è oleografico? No, questo non lo condivido proprio. affraid affraid affraid
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