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La Poesia del '900: quella cosa che non si capisce

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Messaggio  Hirundo Hiberna Mar 24 Nov 2009 - 15:37

11 febbraio 1946

Cercavo te nelle stelle
Quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
Ma non mi diedero che poche volte
Solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
Meditai la bestemmia insensata
Che il mondo era uno sbaglio di Dio,
Io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c'eri tu.
Primo Levi [i]
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La Poesia del '900: quella cosa che non si capisce Empty Quegli spioni della IIB

Messaggio  Yorick Mer 25 Nov 2009 - 2:17

Quegli spioni della II B se la sono cantata...

Son partito da un passo delle Meditazioni metafisiche di Cartesio nel quale dal mio punto di vista il grande filosofo francese lascia intendere che noi non parliamo mai esattamente delle nostre sensazioni, ma per comunicare con altri abbiamo sempre bisogno di spostarci su un terreno comune che è quello del logos. Le sensazioni, così radicalmente soggettive e incessantemente mutevoli, necessiterebbero di parole sempre nuove e sempre diverse per essere definite, portando alla più totale incomunicabilità e incomprensione. Lo sapevano molto bene già gli antichi eraclitei e scettici: se esiste solo la sensazione, allora non si può parlare di nulla, e infatti loro almeno stavano zitti (afasia) o al limite indicavano le cose con un gesto. Invece, in poesia e in arte, da una certa epoca in avanti (involuzione del Romanticismo) si è affermata l'idea che si debba parlare solo delle più intime sensazioni riposte nel più intimo del cuore. Per tentare ciò si è arrivati al più perfetto ermetismo e alla più completa incomunicabilità. Per cui in buona parte della poesia novecentesca, non c'è niente da capire e solo tutto da sentire. Al limite, ognuno si scrive la sua poesia allucinante e allucinata e se la legge e per lui è bellissima (e non ne vende manco tre copie) e gli altri non possono capire (infatti non c'è niente da capire), devono cercare di sentire ciò che in quel preciso istante sentiva quel poeta (poeta?) e solo così potrà capire. Quindi la poesia ha reciso ogni legame con il logos (di cui per secoli è stata l'araldo: Da Lucrezio a Dante a Leopardi incluso). Ed è divenuta pura irrazionalità sensibile. La bella poesia di Primo Levi riportata dalla nostra prof. non fa proprio al caso nostro. E' fin troppo chiara nel suo bagliore.

Ma prendiamo questa:

Il nome non ancora
pronunciato:
ciò che, nel giro
della mente, ogni volta
si ripete per intero
eppure non è stato...
in un innesco continuato
dell’azione rimasta
(intricata e sciolta)
nell’appiglio
dei suoi stessi uncini.

Oppure questa:

Vieni ombra/ ombra vieni/ ombra ombra
vieni oh vieni, buia
sali tra i gradini, nel tempo
Vienimi vieni vieni/ vienimi vieni vieni
con ogni doglia, con tutte le furie
con ciò che nell’ombra si sfoglia
con quel che nell’ombra spuma
Ombra vieni/ ombra ombra/ vieni ombra
nel vento nel vento
nel greve tormento
vieni oh vieni tra i numeri, nel fuoco
divieni canto roco
Vieni oh vieni/ vieni oh vieni
tra le forme del caso,
vieni, batti
contro gli spigoli, scendi
obliosa su ciò che è stato,
diventa nostro fiato
Ombra resta/ resta ombra/ resta resta
nella cupa fronda
nella sola testa
che geme che geme
tra i rametti del caso
nel cuore, nel seme invaso
vieni, oh vieni/ vieni, oh vieni

Oppure questa:

cosa donò la luna
la luna versò nere rose
alla casa del dio
io ero colei che è una
nel molteplice sussurro
della sua lacuna
io ero azzurro temporale
nel reale delle cose
cosa donò la luna.
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Messaggio  Hirundo Hiberna Mer 25 Nov 2009 - 23:27

Yorick ha la singolare capacità di toccare sempre il cuore del problema. Di dire cose sensatissime. Che io di solito fatico a confutare. Perché mi piacciono. Soprattutto mi sembrano giuste.
Poi però mi resta sempre fuori qualcosa. Mi rimane sempre un margine inspiegabile. Io non so mai trovare le parole giuste come fa lui, ma mi rimane fuori qualcosa, non ci posso fare niente. Di quelle spiegazioni perfette, che non fanno una piega, mi rimane un'inesprimibile mancanza. Penso a tutta la produzione artistica che non avremmo, se adottassimo la visione dell'arte di Yorick. Probabilmente è vero che non avremmo neppure tanta robaccia che arte non è, ma forse l'arte non è il bello, l'arte è ricerca. E non è detto che lo strumento conoscitivo debba essere sempre la ragione e l'arte un'arte ragionata e come tale condivisibile. Eppure le parole di Yorick mi incantano, mi impongono una riflessione, si impongono per cristallina chiarezza. Ma è inutile: mi rimane sempre fuori qualcosa. Diciamo che quella che Yorick propone è una delle vie percorribili.
HH Neutral
P.S. E poi non lo so da quale blog Yorick ha tirato fuori quelle poesie, ma...a me sono piaciute!
"La luna versò nere rose...Io ero azzurro temporale nel reale delle cose....".
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Messaggio  Yorick Gio 26 Nov 2009 - 0:23

E' vero, oggi l'arte è ricerca. L'arte ha smarrito il rapporto con il Bello e cerca, cerca, cerca di ritrovarlo. Alcuni finiscono per cercare nel pattume e dicono: "Forse è qui il bello". E ti mostrano una patacca. Altri in lugubri foreste, un verme o una biscia. Ciascuno di noi ha una visione così misera del bello, oggi...

Anche a me piace
"la luna versò nere rose
alla casa del dio
io ero colei che è una
nel molteplice sussurro
della sua lacuna
io ero azzurro temporale
nel reale delle cose"

Mi dà quasi i brividi. Per chi non sopporta più la vista del Sole, anche una fiammella è bella. Ma il Bello è il Sole. E' bene che ci piacciano anche queste piccolezze, senza sapere perché, se è nostalgia del Sole. Diverso è se si dice: il Sole non esiste, il Sole è qualcosa del passato o peggio: il Sole non è mai esistito. Questo non lo accetto.
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Messaggio  Hirundo Hiberna Gio 26 Nov 2009 - 0:43

Negli ultimi due secoli circa, l'arte non è stata più ricerca del bello, ma anche e soprattutto del brutto, dell'orrido, dell'inquietante. E qui dal Romanticismo al Decadentismo alle Avanguardie, sono tutti colpevoli, diciamo così. Effettivamente un'arte del Bello è oggi un'arte trasgressiva. Ecco, qui sono decisamente d'accordo con Yorick (ma non glielo dirò mai Razz ). Oggi il bello è la trasgressione. Singolare in un'epoca dominata dall'estetica fino alla demenza, vi pare? Ma il nostro tempo veramente non ha una dimensione del bello. E non ce l'ha perché non crede che sia importante. Perchè crede che il bello sia una roba ideale e che più dell'ideale che è percepito come falso, conti la realtà. Che di solito non è bella e non è poetica. Né può esserlo se non c'è qualcuno che se la detta come bella o poetica.
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Messaggio  Hirundo Hiberna Gio 26 Nov 2009 - 0:49

La verità è che il nostro tempo ha smarrito il concetto di Bello perché non capisce che il Bello è innanzitutto un concetto morale. Oggi si concepisce il Bello solo come amorale o peggio come immorale. Risultato: il Brutto.
HH
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Messaggio  Rorò Gio 26 Nov 2009 - 1:46

Io non credo che l' arte debba necessariamente avere come oggetto il Bello. La poesia, la musica ,l' arte tutta è vita, è sentimento, è contraddizione, è ricerca,è bisogno di "dominare", per quel poco che ci è concesso, la realtà. E' vero, per natura, l' uomo tende a raggiungere il Bello ed è per questo probabilmente che colpisce maggiormente una poesia che lo abbia come oggetto , ma la realtà non è costituita solo dal bello e quindi penso sia un bene che ci sia tanta poesia del " brutto", in primis perchè così vi è un' analisi realistica della realtà, in secundis perchè la poesia del " brutto",per contrasto, ci spinge a ricercare il Bello.E' fin troppo facile trovare il Bello in una poesia che lo porge sul piatto d' argento,ma la vera scommessa è trovarlo in una poesia che lo ha del tutto smarrito!!A mio avviso non è importante quale sia l' oggetto della poesia, l' importante è che questa sappia smuovere gli animi e le menti del lettore e che questo abbia sempre la capacità di tendere al Bello!!
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Messaggio  Hirundo Hiberna Ven 27 Nov 2009 - 0:05

E invece io credo che oggi l'arte debba avere per oggetto il bello. Perché il bello oggi è rivoluzionario. Ma il nostro tempo (parlo di un tempo lungo, almeno di qualche secolo. Noi siamo quasi alla fine di un'età di decadenza. Quasi.) divarica morale e politica, divarica bello e morale. E lo fa perchè morale spesso significa morale religioso e in particolar modo nella cultura occidentale significa un morale cristiano, in Italia cattolico. Non si riesce a sostenere veramente fino in fondo un concetto laico di morale.
Il bello deve essere morale e nel nostro tempo non lo è mai, anzi è solitamente presentato come antitetico. Il bello è morale se produce altra bellezza, se produce il vero bene. La poesia e l'arte tutta devono veicolare il bello e il bene. Questa sarebbe una rivoluzione. E sai che novità...!
Una specie di uovo di Colombo in salsa platonica, a quanto pare ....
Non lo so quanto sia indispensabile creare un terreno comunicativo comune fra chi scrive la poesia e chi la legge. Penso che la bellezza possa esprimersi anche attraverso il mistero. Penso che la bellezza possa persino arrivare al cuore senza essere dominata. Penso che l'intenzione possa rimanere inesplicabile e tuttavia non per questo inefficace. Esistono molti modi di arrivare alla conoscenza delle cose. Ma mi rendo conto che il rischio di vistosi travisamenti è significativo.
HH


Ultima modifica di Hirundo Hiberna il Ven 27 Nov 2009 - 16:21 - modificato 1 volta.
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Messaggio  Rorò Ven 27 Nov 2009 - 1:35

Io non credo che la poesia e l' arte debbano veicolare, necessariamente ed esclusivamente, il bello e il bene. Non so ,magari sbaglio, ma ho sempre creduto che la poesia sia vita e che la vita stessa influenzi inevitabilmente tutta l' arte!!Provo a spiegarmi. Se io, poeta, uomo del ' 900 vivo in un secolo di grandi contraddizioni e di crisi, in un periodo storico in cui ogni giorno rischio di essere deportato nei lager nazisti, penso ad esempio a Primo Levi, come faccio a produrre una poesia del Bello, quando io, uomo, poeta intorno a me non vedo nulla di buono??E se anche poi,nei casi migliori, riuscissi a trovare il Bello, sarei quasi costretto a comunicarlo attraverso la rappresentazione del "brutto" della realtà del mio tempo.Nei peggiori dei casi, poi, un Bello verso cui tendere neanche lo trovo!Poi, ancora, penso a Leopardi e credo che se il secolo Decimo Nono non fosse stato per lui orrido,inutile,e privo di ideali, il poeta non avrebbe mai potuto comporre tutta la sua produzione poetica del Bello. Io credo che anche dall' osservazione del pattume del proprio tempo, possa nascere una poesia che abbia come fine la contemplazione del Bello, ma che non abbia necessariamente il bello come oggetto!
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Messaggio  Hirundo Hiberna Ven 27 Nov 2009 - 16:26

Forse che l'arte debba veicolare il bello non significa che debba averlo necessariamente per oggetto, ma ... allora come fa?confused
Attendiamo lumi da Yorick che speriamo non snobberà la nostra discussione "filosofica", ma effettivamente il rischio di genericità qui è notevole...!
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Messaggio  Lithium Ven 27 Nov 2009 - 16:51

Questa affannosa ricerca di come l'arte debba essere snatura ciò che l'arte è. L'arte è tale quando coinvolge meccanismi in grado di suscitare emozioni e risposte nell'anima di chi legge, ascolta, osserva. "Vorrei essere orizzontale" di Emily Dickinson è un testo di una drammaticità sconcertante, trattata con un sentimento di rassegnazione che definire inquietante è poco. Ed è un testo meraviglioso. E' arte perchè dopo averlo letto, sento qualcosa, mi pongo domande.
In quasi tutta la produzione dell'inarrivabile maestro impressionista Vincent Van Gogh non vi è alcuna ricerca di bello, non c'è alcuno sforzo di cercare piacevolezza, i suoi quadri lasciano il vuoto dentro. E quella è arte. Quella è l'arte. Il bello dell'arte non risiede certo nel contenuto. Il bello di un'opera d'arte risiede nell'intensità dell'impatto che ha nella profonda natura umana che ci portiamo dietro con i nostri sentimenti e i nostri ricordi. Poi si può studiare letteratura o pittura tutta una vita, e sostituire il bisogno del genio artistico a una massiccia preparazione didattica. Innegabile, ma allora si è un tecnico, non un artista.
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Messaggio  Rorò Sab 28 Nov 2009 - 0:31

Secondo me, l' arte non deve nulla, ma può tutto! Pertanto non ritengo impossibile il fatto che questa possa veicolare il bello pur non avendolo come oggetto. L' idea che anche una poesia dell' orrido possa avere come fine ultimo il Bello e il Bene ( ed io sono profondamente convinta che possa averlo),non mi sconvolge, semmai mi rassicura!!
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Messaggio  Yorick Dom 29 Nov 2009 - 3:09

Mi pare che Lithium e Rorò facciano equivalere il bello col gradevole. E' chiaro che poi hanno buon gioco nel sostenere che l'arte non ha come oggetto il bello, perché negli esempi che riportano non si ha il gradevole, anzi. Ma chi ha detto che il bello sia il gradevole? A mio modesto parere solo un'estetica molto povera confonde il bello con il gradevole...
Lithium, inoltre, propone una visione dell'arte tutta sbilanciata dal lato dell'emozione, prescindendo dal contenuto. Questa è una delle chine presa dall'arte nel nostro tempo. Se qualunque cosa mi dia emozioni è arte, nel momento in cui qualcuno si emoziona per un rutto o per della merda d'artista, allora quella è arte! E infatti siamo ridotti a questo, per lo più. Un soggettivismo estremo è la negazione stessa dell'arte e del bello, che invece pretendono universalità.
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Messaggio  Lithium Dom 29 Nov 2009 - 14:06

Chiedo scusa, forse mi sono espresso male, ma ciò che intendevo io era esattamente il contrario! Nell'arte il bello NON deve necessariamente corrispondere al gradevole. E meno male, altrimenti saremmo privati da decine di capolavori artistici di inestimabile bellezza (ma poco "gradevoli", per l'appunto). Poi, santo cielo, l'arte pretende universalità? Forse bisogna intenderci su cosa chiamiamo "universalità", e sono quasi certo (e spero) di aver capito male. L'arte è espressione e originalità. Ciò che a mio parere differenzia gli artisti contemporanei da tutta la produzione artistica precedente (in modo particolare quella rinascimentale) è il paramentro di giudizio verso l'artista. A quel tempo per essere considerati "artisti" si doveva conoscere le tecniche. Ma l'arte per comunicare con lo spirito di chi ha di fronte ha bisogno di originalità, di un tocco che si presenti come personale nell'artista. Non a caso, nonostante nel rinascimento si ebbe l'apogeo dell'arte, gli artisti del periodo che ricordiamo di più sono coloro che, ad ogni modo, adottarono uno stile riconoscibile (primi fra tutti Michelangelo, Raffaello, Botticelli, ma anche Balducci, Bronzino, Signorelli). Fatti salvi questi grandi nomi, tutti gli altri "artisti" del tempo erano tecnici, che si affidavano a norme artistiche universali.
A partire dall'arte moderna, ovvero approssimativamente dalla seconda metà dell' '800 (fine del romanticismo), dall'avvento di pittori come Manet, l'arte non va più alla ricerca della formulazione di leggi artistiche universali. La nuova sfida è riuscire a rendere la propria produzione solo propria, nuova e originale, che possa servire di esempio ad altri. E allora via: impressiosimo, realismo, cubismo. E allora via con Manet, Courbet, Munch, Van Gogh, Gaugin, Picasso, Daumiere, fino ad arrivare ai capolavori contemporanei di Dali e Grosz. Alcuni contemporanei, nessuno uguale all'altro, nè nei soggetti nè nella tecnica. Perchè nell'arte contemporanea c'è qualcosa in più. Non fraintendetemi: molti di questi pittori avevano anche qualità tecniche eccellenti, ma solo questo non basta. L'abilità dev'essere messa al servizio dell'anima, e se questo è fatto nel modo giusto, allora l'opera comunicherà inevitabilmente qualcosa.
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Messaggio  Yorick Lun 30 Nov 2009 - 1:28

L'arte del Rinascimento è bella ed è riconosciuta come arte ancora oggi. Una certa cosiddetta "arte" del Novecento sarà riconosciuta come arte tra qualche decennio? Il Partenone era bello ieri ed è bello oggi. L'orinatoio di Duchamp è mai stato bello? Ammesso che qualcuno lo abbia riconosciuto come un oggetto artistico, lo sarà ancora domani?
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Messaggio  Lithium Mar 1 Dic 2009 - 0:00

Nessuno può dirlo, perchè nessuno può prevedere lo sviluppo del gusto artistico nei prossimi secoli. Non lo escluderei in maniera così certa. Poi magari si prendano esempi meno estremi. Ho parlato di arte come causa di emozioni, ma proprio non risco a capire come un water possa emozionare qualcuno.
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Messaggio  Yorick Mar 1 Dic 2009 - 0:07

Per capire le cose bisogna ragionare agli estremi. Si vede meglio tutto.
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Messaggio  Lithium Mar 1 Dic 2009 - 0:26

Non sono d'accordo. Ci si può sforzare di trovare formule generali, ma poi si deve scendere nel caso particolare, perchè ogni opera è diversa da un'altra. L'arte contemporanea non è tutta servizi igienici di dubbia entità.
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Messaggio  Hirundo Hiberna Mar 1 Dic 2009 - 17:04

L'arte esprime il suo tempo. Evidentemente l'orinatoio di cui sopra, lo fa. Bisognerebbe allora chiedersi quale debba essere la funzione dell'arte: esprimere il suo tempo o disegnarne uno miglore? Dipende da una posizione filosofica. Per l'idealista è il soggetto che detta la realtà, è lui che la crea. Allora è il soggetto che, nel fare arte, deve costruire la migliore proiezione possibile del mondo, acché l'arte indichi una via percorribile. Per l'empirista invece, l'arte esprime solo il reale o la sua rielaborazione in termini di registrazione, non di atto creativo di un mondo possibile. Da che parte stia Yorick, è evidente. E tu, Lithium?
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La Poesia del '900: quella cosa che non si capisce Empty Accidenti!

Messaggio  Yorick Mar 1 Dic 2009 - 17:13

Accidenti! Un anno di Socrate, Platone, Aristotele e tu mi stai ancora al caso particolare? Filosofare è cercare l'universale! Stare ai casi particolari... ce la fanno tutti: "A me piacciono i Beatles! A me piace Gigi D'Alessio". Buon divertimento! Il soggettivismo estremo fa di noi delle isole di incomunicabilità.
Un certo Eraclito diceva "Uno e comune è il logos per coloro che sono desti", mentre chi dorme vive in un suo sogno e che cosa c'è di più soggettivo e radilcamente incomunicabile dei propri sogni? Duchamp sognava nel suo sonno che l'orinatoio fosse il vertice dell'arte. Per Pietro Manzoni il vertice era invece "La merda d'artista". Come puoi contestare i loro sogni con un altro sogno?
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La Poesia del '900: quella cosa che non si capisce Empty Re: La Poesia del '900: quella cosa che non si capisce

Messaggio  Lithium Mar 1 Dic 2009 - 17:50

Ogni opera d'arte è un pianeta. E il fatto che possa piacere non significa necessariamente che venga capita.
Qui non si parla di filosofia, accidenti. La filosofia è amore per la sapienza, ricerca della vertà. L'arte no. L'arte è creazione della PROPRIA verità. La creazione di quella verità che nel mondo non vedremo mai, e che siamo convinti ci renderebbe così compiutamente sereni, felici, inquieti, dubbiosi, ma completi. Che poi il lavoro di elaborazione creativa ed intima debba essere accompagnato da una certa competenza formale, non è messo in dubbio. Ma, maledizione, questo non basta. Ascoltando "The great gig in the sky" dei Pink Floyd riesco a vedere la ragazza che, alla fine delle registrazioni, corse via dagli studi in lacrime, tra lo stupore di tutti. Guardando "Campo di grano con corvi" di Van Gogh riesco nitidamente a immaginare il pittore che dipinge a fatica e dopo l'ultima pennellata estrae la sua pistola e si spara un colpo in petto. Leggendo il testo di "Blowin' in the wind" di Bob Dylan riesco ad immedesimarmi in qualche modo nell'idea di amore che voleva trasmettere, nella sua voglia di vedere il mondo cambiare.
Poi che queste sensazioni fortissime siano quelle che l'artista voleva trasmettere, importa poco. Ma c'è risposta. L'anima di una persona estranea all'opera è entrata in sintonia con essa, rimanendo affascinata dall'energia che scaturisce dalla sua gestazione e composizione, dall'intensità dell'amore che ha armato la penna, il pennello, lo strumento. Per me quella è arte.
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Messaggio  Mirko Mer 2 Dic 2009 - 17:27

Io ritengo che si dia troppa importanza all'arte, intesa come espressione di interiorità.
Perchè al giorno d'oggi si intende per arte "comunicare i propri sentimenti".
Mentre secondo me l'arte è l'espressione di una bravura che può anche scaturire dai sentimenti.
Ma deve restare lo stesso un' espressione di bellezza.
Se poi chi viene a contatto con l'opera rimane folgorato e piange o si spara o che so io, è qualcosa di personale e non deve determinare la qualità dell'opera.
Io potrei benissimo emozionarmi leggendo un'equazione algebrica di 2° grado: fa di essa un'opera d'arte?
E non venirmi a dire che una vera opera d'arte è quella in cui l'artista mette se stesso ed esprime i suoi sentimenti, perchè non ho dubbi che Tartaglia quando ideò il metodo di risoluzione delle equazioni di terzo grado non si fosse emozionato, e non avesse impresso in quel metodo tutto il suo essere.
Dunque ritengo l'arte come un bene pubblico, che non deve essere inteso come veicolo di sentimenti ma di bellezza.
Purtroppo ormai si ritiene che essi coincidano, ma a mio avviso non è così.
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Ultima modifica di Mirko il Mer 2 Dic 2009 - 21:59 - modificato 1 volta.

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Messaggio  Lithium Mer 2 Dic 2009 - 20:24

Tartaglia ha impresso sè stesso? Ci si può emozionare per un'equazione di 2° grado? Secondo me no.
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Messaggio  Yorick Mer 2 Dic 2009 - 21:02

Ci si può emozionare per qualunque cosa, perché le emozioni sono soggettive. Proprio per questo non puoi definire l'arte come qualcosa che fa emozionare. L'arte è produzione del bello... il bello può anche emozionare, ma non tutto ciò che fa emozionare è bello, quindi il bello non può coincidere con ciò che fa emozionare, come tu sembri pretendere. Intendere il bello come ciò che suscita sentimenti o piaceri o emozioni è una visione deteriore, decettiva, filistea, purtroppo molto diffusa. Credo che Mirko abbia colto molto bene uno dei limiti di tale visione del bello e per conseguenza dell'arte.
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Messaggio  Mirko Mer 2 Dic 2009 - 21:08

Lithium ha scritto:Tartaglia ha impresso sè stesso? Ci si può emozionare per un'equazione di 2° grado? Secondo me no.

Pretendi di sapere (o peggio ancora di imporre) cosa può suscitare emozioni in me?

E comunque ritengo che se Tartaglia e coloro che lo precedettero non si fossero emozionati davanti i complicati problemi che intendevano risolvere, sono sicuro che la matematica non esisterebbe.
E sai bene che senza matematica la musica non esiste.
Dunque se, come dici tu, non ci si può emozionare davanti un problema matematico, allora i Pink Floyd non avrebbero potuto comporre le canzoni che ti piacciono tanto.

"Quando che'l cubo con le cose appresso,
se agguaglia a qualche numero discreto,
trovami dui altri differenti in esso.

Dapoi terrai questo per consueto
che 'l lor prodotto sempre sia eguale
al terzo cubo delle cose netto.

El residuo poi tuo generale
delli lor lati cubi ben sottratti
varrà la tua cosa principale."

Come vedi, anche Niccolò Tartaglia era un poeta, e ritengo che qualcuno si possa emozionare leggendo queste terzine.
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