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Giovani scrittori, fatevi avanti!

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Messaggio  Hirundo Hiberna Lun 7 Gen 2008 - 20:53

Cari amici,
vi propongo un esperimento di editing on-line partecipato. Niente paura, dovete solo leggere il racconto che uno di voi (ma sarà lui a decidere se vuol dichiarare la sua identità, oppure no) mi ha inviato perché gli dessi il mio parere. Personalmente ne ho fatto l'analisi del testo come si conviene a qualunque testo letterario, ma mi piacerebbe chiedere a voi un commento. Molti di voi scrivono racconti, qualcuno di voi lo fa quasi in segreto come se fosse una roba di cui vergognarsi, altri propongono la lettura dei loro manoscritti ad amici e parenti. Di certo una cosa vi accomuna: volete essere letti.
Non si tratta di vanità, state tranquilli, sempre si scrive perché qualcuno legga, a meno che non si tratti di sfoghi intimi o pagine di diario, certo. Allora vediamo, prima di spiegarvi cos'è l'editing (non è mica il giudizio che si dà su un testo scritto, quello è solo il primo passo!), cosa viene fuori dalla vostra bella testolina.
Leggete il racconto (per imparare a scrivere bisogna innanzitutto imparare a leggere) e ... vediamo come massacrate il nostro giovane scrittore in erba!!!!

HH

Ricevo dal vostro compagno/scrittore una mail di cui riporto l'ultima parte. Segue il racconto:


Il titolo potrebbe essere "oblio infinito" o "ultima pagina" scelga lei quello che le piace di piu.

E dunque, ecco a voi:

Oblio Infinito/ Ultima Pagina

Il lume proietta la mia curva ombra sul muro retrostante, un grande fantasma che mi osserva scrivere su questo foglio le memorie del rimorso che mi tormenta.
La mera avidità mi portò a commettere il nero orrore, che mi consuma dentro.
Il rimorso.
Tormentata è la mia anima dal bisogno di espiare i peccati.
Mi guardo alle spalle e nulla scorgo oltre l’ombra di me stesso.
Insicurezza, non mi sento più sicuro da quel giorno, mi guardo le spalle, spesso, come se mi aspettassi che qualcuno fosse pronto a vendicare l’orribile atto che, mi duole ammettere, commisi a sangue freddo.
Tremo, un gelido soffio corre nelle mie membra, non trovo più riposo sereno, i demoni della coscienza mi tormentano. Temo gli attimi prima che il sonno mi prenda tra le sue braccia, quei momenti in cui si abbassano le proprie difese per farsi cullare dalla notte, ma in cui i più tetri pensieri si impossessano della mente e fuggire è impossibile.
Ritirato in questa dimora, osservo la boccetta che alla fine di questo scritto berrò, sperando che la morte mi porti con se sottraendomi da questo lancinante dolore che mi perseguita.
La morte, una soglia che ho oltrepassato, e che adesso cerco come rifugio e come pena per il mio rimorso.


Nere ombre aleggiavano sulla mattina, che trascinar volevano in una profonda gola notturna.
Brividi, gelidi presagi della tragedia.
Scorgevo il cielo limpido dai vetri della mia finestra, bussarono alla porta; ero tentato di non rispondere ma mi costrinsi ad alzarmi dalla poltrona e a posare il libro che stavo leggendo, il maggiordomo era impegnato.
Era lui, avrei fatto meglio a starmene seduto a leggere e meditare, aprii la porta e lo feci entrare.
Era visibilmente eccitato e ansioso, mi disse subito che aveva portato con se il segreto che da anni cercavamo.
Lo conobbi in un’antica libreria, entrambi cercavamo un libro sulle leggende arcaiche dell’immortalità.
Entrambi sognavamo di sconfiggere la morte. Diventammo carissimi amici e i nostri incontri divennero sempre più frequenti. Iniziammo viaggi in tutta Europa alla ricerca di manoscritti che potessero svelare il segreto dei segreti.

“Solo la morte batterà la morte…”

La vecchia pergamena ormai delicatissima per i suoi tanti secoli di vita iniziava così. Il latino usato era molto elegante e ricercato.
Il significato delle parole che avremmo dovuto pronunciare non era molto chiaro, ma capimmo fosse una qualche invocazione del demonio. Il mio amico provò a recitare le formule che seguivano, ma non accadde nulla.
Mi raccontò d’averla comprata per una fortuna in uno sperduto paese dell’entroterra Rumeno, dove stranamente i pochi abitanti erano tutti vecchissimi, non vide ne un bambino, ne un ragazzo, ne un uomo. Solo vecchietti curvi, ispiranti una tristezza che riempiva gli occhi di lacrime.
Ora so. Capisco cosa provano, ormai, come loro, sono un nulla, un corpo senza anima, la cui mente è annebbiata dalle torture del rimorso, un essere legato alla materialità che non può più spingersi nell’astrazione dell’anima e provare sentimenti detti infiniti e senza tempo, poiché infiniti e senza tempo lo sono solo per coloro la cui vita scorre e dura un soffio, e non per chi è condannato all’eterno grigio di un cielo privo di gioie, dove il sole non tramonta mai. I sentimenti passano, ma questo corpo resta, come le catene che mi legano all’esistere solo materialmente, un corpo pensante, niente più.
Capii il senso della frase nell’istante in cui guardai il mio amico negli occhi.
“Solo la morte batterà la morte…”
Era chino sul libro e sollevò il capo guardandomi, i suoi azzurri occhi erano splendenti, pieni di speranza, come un bambino che voleva averla vinta a qualunque costo.
“Solo la morte batterà la morte…”
Martellante il ripetersi delle parole nella mia testa.
Capii, ma non rabbrividii. I miei sensi divennero acutissimi.
Il cielo limpido che riuscivo a scorgere mi apparve nero e la stanza in cui ci trovavamo sembrava chiudersi intorno a lui.
Afferrai un pesante candelabro argentato.
La mia mente, fredda e lucida sul da farsi, non fu rallentata da alcun desiderio di fermare il mio braccio che stava alzando il candelabro e caricava il colpo.
“Solo la morte batterà la morte…”
La vista periferica mi si ridusse, tutt’intorno al cono visivo, che si stringeva rapidamente sulla sua testa, diventava dapprima grigio e poi d’un nero cosi intenso da far credere che la notte fosse generosa per la luce che regalava.
Le gambe mi si piegarono per aumentare la forza da imprimere al colpo.
Caldo. Una patina di sudore si formò sulla mia fronte nel momento in cui focalizzai al massimo il punto da colpire.
Paura. Un lieve tremore percorse il mio braccio.
Orrore. Compresi che non avevo paura di colpirlo con tutta la forza che avevo in corpo, ma di mancare il bersaglio, di non riuscire a versare il suo sangue e a ucciderlo con quel colpo solo.
Sento la nausea salire ripensando a quella paura, come potei concentrarmi per non sbagliare il colpo piuttosto che salvare il mio amico?
“Solo la morte batterà la morte…”
Una mano fredda mi strinse il polso.
“Solo la morte batterà la morte…”
Il suo gelo lo sento ancor oggi.
“Solo la morte batterà la morte…”
La presa forte mi spinse giù il braccio, una furia che si getta sulla sua preda per saziare la sua fame.
Solo un sibilo ruppe il silenzio che era nell’aria.
Era concentrato a tradurre meglio il testo, i suoi folti lunghi capelli neri erano legati a coda di cavallo con un fermaglio di legno intagliato raffigurante un sole, era un mio regalo donatogli durante un nostro viaggio in africa.
Non chiusi neppure gli occhi.
“Solo la morte batterà la morte…”
La forza delle parole, che ormai rombavano dentro di me, mi fece sferrare il colpo con veemenza tale da frantumare il fermacapelli.
I suoi capelli, sciolti.
“Solo la morte batterà la morte…”
Un sonoro rumore di ossa frantumate echeggia tutt’ora nei silenzi delle mie giornate.
La sua testa, colpita, fece un movimento innaturale e si accasciò sul tavolo dove era poggiato il papiro.
Il sangue fuoriuscito dalle sue calde labbra imbrattò lo scritto.
Non guardai neppure le parole, ne il corpo senza vita del mio amico, recitai i versi della pergamena.
Il tono della mia voce era profondo e fermo, non un’incertezza né un errore. Ogni parte del mio corpo collaborava al raggiungimento del mio desiderio più profondo.
Al pronunciare dell’ultima parola sentii il terreno mancare sotto i miei piedi, alzai le mani come per afferrare un appiglio, ma caddi, sprofondai.
Buio.
Notte.
Nessun colore attorno a me. Non riuscivo a capire se stessi cadendo o fossi fermo, quando si è nell’oscurità più assoluta e ti sembra di navigare nel nulla non riesci a distinguere il movimento.
Silenzio.
Anche i suoni sembravano esser stai inghiottiti dalla buia notte. Non sentivo il rumore del mio respiro, eppure ansimavo, ero spaventato.
Ad un tratto, non so quanto dopo, sentii un turbinio di voci, frasi e parole che non riuscivo a comprendere, le sentivo accanto a me, ma rimanevano a distanza come se fossi stato dietro un vetro. Non rimasero distanti a lungo.
Sentii come mille aghi entrarmi per le orecchie e raggiungere ogni parte del corpo, il dolore era fortissimo, svenni.


Qualcuno mi scuoteva.
Aprii gli occhi, una luce soffusa illuminava la stanza, ero steso in terra, dal buio che riuscivo a scorgere all’esterno compresi che era sera. Il mio maggiordomo mi fece alzare dicendomi che stavo gridando nel sonno. Mi chiese del mio amico che aveva visto entrare ma non uscire. Mi voltai sconvolto in direzione del tavolo, non c’era niente e nessuno, né il corpo né il libro.
Non compresi.
Dissi che era uscito e che lui non se n’era accorto.
Appena il maggiordomo andò via, dopo che gli dissi che stavo bene, mi diressi verso il tavolo e lo esaminai con attenzione.
Non c’era alcuna traccia di ciò che era accaduto, arrivai a pensare che il tutto fosse stato un sogno, una scena creata dalla mia mente e tanto realistica da confonderla con la realtà.
Una grande stanchezza mi colse, andai a letto.
Buio.
Notte.
Solo, nell’immensa oscurità, minuscole dita ti toccano e ti fanno gelare.
Solo, lui vedevo e sentivo nella mia accogliente camera che diventò per me un freddo abisso.
Se il pomeriggio, come me lo ricordavo, fosse stato solo un sogno non avrei potuto avere tutta la nausea che mi colse e non mi sarei potuto tormentare per i sensi di colpa che mi assalirono.

Ahimé! Quello che accadde quel giorno fu vero, cercai invano il giorno dopo il mio amico.
Capii di essere riuscito a sconfiggere il limite della vita, ma pagando una pena che iniziata a scontare quella notte, ancora, anni e anni dopo, scivolati via sempre piu velocemente, mi porto addosso.

La mia fretta nello scrivere è dovuta alla mia necessita di provar a dar fine a queste mie sofferenze eterne.

Spero di porre fine ai miei giorni quest’oggi, se sia giorno o notte non mi è dato saperlo.
Tutto mi scorre davanti e si consuma come una candela troppo corta perché possa servire ad illuminare intorno. Resto qui, immobile, non riesco più a distinguere nulla in questo mondo illusorio in cui sono confinato, tutto è finto e insapore, niente può lenire le mie pene. Ormai le ore, i giorni, gli anni scivolano via nel tempo di un mio battito di ciglia.
Costretto a vagare nell’eterno squallore che mi circonda, non riesco a ricordare come sia provare qualcosa di diverso dal senso di colpa, il tempo che è trascorso mi ha lasciato intatto ma mi ha portato via ogni sensazione e ogni brivido legato ad una qualsiasi altra emozione.
Spero.
Una sola speranza ho in corpo, quella di non continuare più quest’esistenza fatta d’opachi, freddi e infelici giorni.
Riposo.
Cerco un sonno di morte che mi regali la pace.

Autore Ignoto
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Oblio Infinito/ Ultima Pagina

Messaggio  CapaMatta Lun 7 Gen 2008 - 21:12

Avevo detto nella stessa mail alla prof che poteva benissimo mettere il mio nome, non vedo per quale motivo la gente dovrebbe massacrare qualcuno di cui non conosce l'identita!XD
Il giovane scrittore in erba sono io.
Buon massacro.
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Ma che bel topic

Messaggio  Chantal Di Maria Lun 7 Gen 2008 - 21:58

A mio parere c'è una evoluzione nello scrivere all'interno del tuo testo, mitico CapaMatta!Se non un'evoluzione almeno un cambiamento, infatti all'inizio non ti perdevi in approfondimenti ma la tua preoccupazione era di arrivare al succo cioè l'uccisione dell'amico.Per questo motivo inizialmente mi sembra poco approfondito e a tratti banale(non prendertela, è una parola orribile ma se c'è si deve usare).Il fatto poi che siano tralasciati alcuni aspetti di un argomento abbassa l'interesse del lettore che si aspetta maggiori dettagli e invece alla fine ne esce anche deluso e non sazio.Alcuni passaggi non mi sono chiari e infatti l'iter che compie il protagonista(iter interno, intendo l'evoluzione del pensiero) è oscuro.Inoltre ad un certo punto tu scrivi che il suo corpo è vuoto, senza anima e che è la mente a subire le torture del rimorso...scusa ma sei sicuro?quindi per te anima e mente sono separate e addirittura è quest'ultima a subire il tormento del rimorso...mah....opinioni differenti.
Ultima cosa: tu scrivi che se fosse stato un sogno il protagonista non sarebbe potuto essere afflitto da nausea e altri sentimenti di conflitto.ma ne sei sicuro?Tu pensi che non si possa essere afflitti da un sogno o da un semplice pensiero?...opinioni differenti!
A parte tutto questo devo dire che mi è piaciuto e ci sono cose che spero e credo in fondo che non siamo state scritte per caso ma con cognizione!!mi è piaciuto!
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Re: Giovani scrittori, fatevi avanti!

Messaggio  CapaMatta Lun 7 Gen 2008 - 23:39

Allora, si inizia, e che fatica si preannuncia, cara Chantal, con te sempre discussioni impegnative geek .
Non ho capito bene cosa intendi quando dici questo:
Chantal Di Maria ha scritto:.Il fatto poi che siano tralasciati alcuni aspetti di un argomento abbassa l'interesse del lettore che si aspetta maggiori dettagli e invece alla fine ne esce anche deluso e non sazio.
Puoi spiegarti meglio al riguardo?
Il personaggio non subisce una particolare evoluzione nel pensiero, nella parte centrale è posseduto dal suo cieco desiderio, il suo tormento è legato all'uccisione dell'amico (evento centrale del racconto, dove si prova maggiormente a trasmettere qualcosa a chi legge).
Sulle divergenze nelle nostre opinioni si potrebbe discutere molto a lungo.
Parto dall "ultima cosa", non credo sia possibile che qualcuno possa essere tormentato dai sensi di colpa per aver sognato di uccidere qualcuno, un singolo sogno bello o brutto che sia non puo, se non vivi totalmente nell'astrazione, causarti rimorsi, innamoramenti, nausee.
Il rimorso, l'angoscia, il senso di colpa sono sensazioni create dalla mente, non sono innate, è la mente che le subisce perche sono figlie sue, l'anima li è intesa come l'astrazione, sentimenti positivi, attaccamento alla vita.
Quando uno scrive qualcosa non la scrive tutta in un fiato, ogni parola è pesata.
Se ci si immedesima in un altra persona, in un personaggio inventato,non si scrive di se stessi, e si puo arrivare a scrivere pensieri del personaggio che non sono tuoi nella realta ma suoi nella fantasia.
Difficilmente io ho rimpianti, rimorsi per le scelte prese in passato, ma il personaggio creato si.
Comunque sono sempre opionioni personali, è bello che siano diverse, ed è bello e necessario confrontarsi.
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Chanty risponde allegramente!!

Messaggio  Chantal Di Maria Mar 8 Gen 2008 - 0:08

Devo sapere se questo scritto è un estratto di qualcosa di più lungo. Mi mancano delle informazioni se leggo solo questo brano.Ci sono poche notizie sull'amico del protagonista e su come riesce ad avere il libro.Diciamo che mi devo prendere la storia calata dall'alto e invece io mi chiedo perchè ha il maggiordomo? e perchè è interessato alle leggende arcaiche dell' immortalità?Queste sono alcune cose che non ho chiare.
Sono d'accordo con te quando affermi che le sensazioni come l'angoscia sono create dalla mente ed è questa che ne risente ma non capisco come mai la separi dall'anima.Non poteva soffrire anche l'anima? Non ho capito come hai inteso l'anima.Tu hai scritto che è da intendere come astrazione, sentimenti positivi...non ho capito!!A mio parere anima e mente sono la stessa cosa.Non sono semplicemente complementari ma sono proprio la stessa cosa.Opinioni differenti ripeto come hai capito anche tu!
Di sicuro poi tu non sei il protagonista del brano ma ricordiamoci che, da quello che ho capito, stai parlando di un essere umano, un uomo. E tu hai delle cose in comune con lui.
Piccola considerazione: io da piccola ho sognato che uno squalo divorava tutta la mia famiglia(compresa asia il mio cane).Quel giorno è stato terribile.Avevo paura di fare anche il bagno e mi sono messa a piangere appena sveglia.Ok è un esempio ma pensaci su.Magari sbaglio io...ci penso anch'io va!
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty NOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!

Messaggio  Hirundo Hiberna Mar 8 Gen 2008 - 0:18

Feeeermiiiii! Che diavolo fate? Lo scrittore non deve assolutamente intervenire, se volete fate pure, ma ribatezzate il topic e lasciatemi fuori. Il racconto va nelle mani del lettore e non c'è lo scrittore che glielo spiaga, si giustifica, conversa. Ripeto, se volete fare una cosa così fate pure, ma è un'altra cosa!!!!!
HH
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty a Chanty

Messaggio  CapaMatta Mar 8 Gen 2008 - 0:25

L'intenzione mia era quella di scrive un breve racconto, intenso nella sua brevità, ovviamente non puoi aspettarti di trovare l'approfondimento che c'e in un romanzo.
Si parla si di un uomo ma non di me, cito quello che ho scritto prima:
"Se ci si immedesima in un altra persona, in un personaggio inventato,non si scrive di se stessi, e si puo arrivare a scrivere pensieri del personaggio che non sono tuoi nella realta ma suoi nella fantasia."
Lui dice di aver perso la sua anima, che è sbiadita, l'anima, l'andar oltre, l'immateriale.
Vincendo la morte perde tutto cio che trascende la vita, perde l'astrazione, e si tormenta per i suoi errori perche è razionale e cosciente del suo errore.
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty AHAHA

Messaggio  CapaMatta Mar 8 Gen 2008 - 0:26

Marta Aiello ha scritto:Feeeermiiiii! Che diavolo fate? Lo scrittore non deve assolutamente intervenire, se volete fate pure, ma ribatezzate il topic e lasciatemi fuori. Il racconto va nelle mani del lettore e non c'è lo scrittore che glielo spiaga, si giustifica, conversa. Ripeto, se volete fare una cosa così fate pure, ma è un'altra cosa!!!!!
HH

lol!

E che ne potevamo sapere?!?!?
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Mia interpretazione

Messaggio  Rodja Mar 8 Gen 2008 - 1:11

Secondo me, molte cose nel racconto di Capa sono lasciate in aria, non approfondite, per conferire al tutto un alone di mistero e un'atmosfera per certi versi onirica. Capa ci scaraventa violentemente nella vita di un uomo che nn conosciamo, di cui non sappiamo assolutamente nulla, e si appresta a narrarci invece, della sua morte. Ci apre uno squarcio nel mondo di quest'uomo, fa quasi una sintesi dei punti salienti della sua vita, così indissolubilmente legata alla morte, ci fa da Virgilio in un inferno di emozioni, ed è per questo che il racconto risulta tanto scarno dal punto di vista descrittivo e che ogni cosa antecedente al tempo del racconto è sbiadito e lontano, perché focalizza sulle emozioni e su quello che il protagonista sente in quel suo istante di vita (o di morte).
Se ci fate caso, Capa usa di frequente mettere un sostantivo "emblematico" che introduce la frase successiva.
Proprio per calcare al massimo la carica espressiva e drammatica.
Tutto il resto è contorno, evanescente, sbiadito e lontano, come se fosse un sogno.
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Un concorso per titoli ...

Messaggio  Hirundo Hiberna Mer 9 Gen 2008 - 19:32

Immaginatevi questa scena:
un editore indìce un concorso con lo scopo di pubblicare il racconto di un liceale. Capamatta si propone e dice all'editore: "io ho scritto un racconto". L'editore risponde: "bene, come s'intitola?". Capamatta tentenna, temporeggia, tergiversa, poi dice: "Mah, faccia un po' lei. Oblio Infinito, L'ultima pagina ... scelga quello che le piace!".
Cosa risponderebbe secondo voi l'editore?
HH
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Messaggio  francesca Mer 9 Gen 2008 - 22:21

ciao a tutti! beh io conosco qualcuno della scuola ke compone dei testi veramente sorprendenti! ho avuto la possibilità di leggerne alcuni ed è impressionante come riesce a trasmettere delle sensazioni così forti! nn so se sperare di vedere pubblicato un suo testo in modo ke ve ne possiate rendere conto o preferire egoisticamente di rimanere una dei pochi privilegiati ai quali testi possono dare opinioni! Very Happy
francesca
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty X CAPAMATTA

Messaggio  francesca Mer 9 Gen 2008 - 22:23

CAPAMATTA IO PARLAVO PROPRIO DI TE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! SEI UN PAZZO!!!!
francesca
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty ...più o meno questo...

Messaggio  Cristina Mer 9 Gen 2008 - 22:45

Forse l’editore alzerebbe gli occhi dalla carpetta che terrebbe fra le mani, avvicinerebbe la sedia alla scrivania -non tanto, quel poco che basterebbe per appoggiare entrambe le braccia sul legno lucido -, sospirerebbe, come per caso, e un attimo dopo sarebbe di nuovo impassibile. Magari, poi, sorriderebbe -chissà. “Mi scusi, ha forse detto “faccia un po’ lei”?” Direbbe questo e il suo tono sarebbe incredulo, ma non di quell’incredulità che prova chi non crede che certe cose avvengano o possano avvenire, incredulo di quell’incredulità che prova chi ha vissuto tanto e visto troppo e desidererebbe abitare un mondo in cui non siano sempre le stesse circostanze a ripetersi. “Sa, non è il primo aspirante scrittore che si presenta con la speranza di veder pubblicato il suo racconto e poi non sa neanche che titolo dare alla storia che ha scritto. Certo, lei è giovane, alcune cose sono nuove, non conosce l’ambiente, lo capisco, le assicuro che lo capisco ma... Il titolo è fondamentale! C’era un autore greco che paragonava il proemio della sua poesia alla facciata di un tempio. S’immagini: la facciata di un tempio, bellissima e lucente, visibile a grande distanza, illuminata dal sole. Ecco, è la stessa cosa! Via, non mi guardi così! Le assicuro che e la stessa cosa, forse solo un po’ più difficile. Come si fa in poche parole a riassumerne così tante, come si fa a ridurre in una singola frase mille immagine diverse, come si fa a scegliere fra mille combinazione differenti? Io non lo so; lei dovrebbe saperlo, però. E poi, -non si offenda, la prego- quale scrittore si fiderebbe di uno sconosciuto per scegliere il titolo dell’opera su cui tante notti non ha dormito? Personalmente, sono quasi certo, signore, di voler essere io a scegliere il nome di mio figlio!”
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Messaggio  Hirundo Hiberna Mer 9 Gen 2008 - 23:45

L'opera letteraria è un figlio. Prima non c'è, ma è già nella mente dell'autore da sempre anche se non lo sapeva, poi viene concepita, viene composta con quotidiana fatica, finalmente vede la luce e se ne va per il mondo con le sue gambe. Finisce nelle mani di chi legge e lo scrittore non può difenderla, non può proteggerla, non può certo andare a casa di ciascun lettore e giustificare le insufficienze della sua opera, spiegarne le intenzioni, dire "qui io volevo dire questo" e "qui volevo dire quest'altro". Il titolo è spesso l'ultima cosa che viene confezionata dallo scrittore. E' il nome proprio del figlio che ama. No, non lo potrebbe proprio affidare a nessuno. Dare il nome alle cose è il modo in cui l'uomo conosce, possiede, rivendica una paternità, se c'è. Ha ragione Cristina.
OK, vediamo, vi invito a fare quella cosa noiosissima che vi facciamo fare a scuola. L'analisi del testo dei primi quattro righi. Dal titolo (entrambi) a "Il rimorso." Non divagate, non fate letteratura anche voi, non è ancora il momento ...
HH
Post Scriptum:
Ragazzine deliranti per il bel Capamatta, datevi un contegno!!!! lol!
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Re: Giovani scrittori, fatevi avanti!

Messaggio  Giancarlo_Samperi Gio 10 Gen 2008 - 22:00

wow non affollatevi in così tanti per fare l'analisi del testo... lol!
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Troooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

Messaggio  Hirundo Hiberna Lun 14 Gen 2008 - 1:36

Come pensavo. Tutti scrivete, coltivate sogni di gloria, vi sentite tanti piccoli geni incompresi (specie da noi prof). Very Happy
Ma non leggete, non vi interrogate sulla scrittura, non vi ci impegnate più di quel tanto che basta ad imbrattare un foglio di cui compiacersi leggendolo per svago fra una versione scopiazzata, un salto in MSN, quattro parole sul forum il cellulare zeppo di messaggini e la lezione di storia per l'indomani. study
Non leggete neppure un racconto di tre pagine. Trooooooooooppo noioso, pesantissimo.
Figuriamoci poi se qualcuno si spinge a dire due parole sulle prime quattro righe. Troooooppa fatica.
E dunque siete come uno che aspira a giocare nella Nazionale e se ne sta tutto il giorno nel suo bel lettuccio caldo a far sogni di gloria. Mai un pallone con cui fare i conti, niente allenamenti. Troooooppo faticoso. Rolling Eyes
Spiacente, Capamatta, un topic così non interessa a nessuno. Hai scritto un racconto troooopppooooooooo lungo. Ringrazia tutti i tuoi compagni sedicenti scrittori! cheers
HH
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Messaggio  Rodja Mer 16 Gen 2008 - 19:52

Marta Aiello ha scritto:Come pensavo. Tutti scrivete, coltivate sogni di gloria, vi sentite tanti piccoli geni incompresi (specie da noi prof). Very Happy
Ma non leggete, non vi interrogate sulla scrittura, non vi ci impegnate più di quel tanto che basta ad imbrattare un foglio di cui compiacersi leggendolo per svago fra una versione scopiazzata, un salto in MSN, quattro parole sul forum il cellulare zeppo di messaggini e la lezione di storia per l'indomani. study

Prof ma come ha fatto a riassumere la mia vita in 3 righi ?????
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Scrittura e Natura

Messaggio  Hirundo Hiberna Mer 16 Gen 2008 - 22:13

Perché in fondo non è troppo diversa dalla vita che facevo io alla vostra età. Però non mi sono mai sentita un genio (incompresa sì, da morire!) non scopiazzavo la versione (ma copiavo sistematicamente e con zelo i compiti di matematica). Però non esisteva MSN. Però non esistevano i cellulari. Però.
Una delle regole del forum è che i topic che non riscuotono successo siano chiusi. Spiacente, Capamatta, mi sa che è ora! Ma sì, al diavolo l’analisi del testo! Alla vostra età il rapporto con la scrittura è intimo, viscerale, segreto persino a voi stessi. In una parola, naturale. Con tutti i limiti che questo termine contiene. E con la sua forza.
HH
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Messaggio  CapaMatta Mer 16 Gen 2008 - 22:29

Si ma mi sarebbe piaciuto vedere la sua analisi del testo.
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Analisi del testo.

Messaggio  Hirundo Hiberna Gio 17 Gen 2008 - 0:35

Qualcuno ricorderà Snoopy, il filosofico cagnolino di Schultz che di vignetta in vignetta ricominciava sempre a scrivere un romanzo le cui prime parole suonavano: “Era una notte buia e tempestosa”. Il racconto di Capamatta si apre con gli stessi espedienti strutturali di un film dell’horror di stampo hollywoodiano. La suspence è costruita con una miriade di anticipazione che tuttavia, a ben vedere, invece di ottenere lo scopo di accrescere la tensione de lettore che vuol sapere cosa è successo, la ingolfano con un eccesso di indizi. Per farla breve: alle prime tre righe sappiamo già che uno ha ammazzato un altro a sangue freddo, che costui vive una vita di pentimento e rimorso e che sta per suicidarsi. Il problema è che, dopo tutta questa messe di anticipazioni, succede esattamente ciò che viene detto nelle prime tre righe. Niente di meno, niente di più. Sappiamo che c’è un morto ammazzato e conosciamo l’assassino. Il che va contro ogni regola del giallo.
Dico che conosciamo l’assassino, ma dovrei dire la funzione-assassino perché in verità non lo conosciamo affatto. Non sappiamo nulla di lui. Nulla ci fa capire quanti anni ha (l’impressione è che non lo abbia stabilito neppure l’autore!), che lavoro fa, che tipo è, qual è il suo carattere. Sappiamo solo che è ricco, perché ha un maggiordomo, il che è l’unico elemento che ce lo fa immaginare “occidentale” perché per quanto poco ce ne viene detto il protagonista potrebbe pure essere il capo di una tribù maori. L’assassino si caratterizza per essere semplicemente un assassino. Potrebbe insomma essere chiunque.
Sappiamo subito dell’esistenza di un morto ammazzato ma ne conosciamo esclusivamente la passione per le leggende arcaiche sull’immortalità e i viaggi. Passioni che caratterizzano senza nessuna distinzione di sorta, anche il suo amico futuro assassino.
Assassino e assassinato sono praticamente la stessa persona.
L’assassino però si autodefinisce così:
“sono un nulla, un corpo senza anima, la cui mente è annebbiata dalle torture del rimorso” il che è una contraddizione. Sembra piuttosto il contrario. Consistenza fisica il nostro protagonista proprio non ne ha. E’ semmai solo un’anima in preda al rimorso.
Continua:
“un essere legato alla materialità che non può più spingersi nell’astrazione dell’anima”.
Cosa significa l’espressione “astrazione dell’anima”?
Ma procediamo.
Nonostante la nebulosità del passaggio, capiamo a un certo punto che i due hanno per le mani una pergamena.
“La vecchia pergamena ormai delicatissima per i suoi tanti secoli di vita iniziava così.”Ma poi scopriamo che invece si tratta di un papiro!
“La sua testa, colpita, fece un movimento innaturale e si accasciò sul tavolo dove era poggiato il papiro.”Ops, no, era davvero una pergamena!
“Non guardai neppure le parole, né il corpo senza vita del mio amico, recitai i versi della pergamena.”Si potrà obiettare che questi sono particolari, che papiro o pergamena non fa differenza. Ma non è così. L’uno si porta dietro un’ambientazione, un’atmosfera, l’altro ne veicola tutt’altra.
E insomma alla fine il tipo ammazza l’amico illudendosi così di battere la morte. Il che rende incomprensibile il quadretto iniziale di lui che scrive la sua ultima pagina (così recita il titolo o ... una delle opzioni di titolo) e tiene davanti una boccetta che dovrebbe essere letale. Domanda: ma insomma, questo tipo è immortale o no?
Sul piano formale, va detto che caratteristica di tutti i giovani scrittori è la paura, dettata dall’insicurezza, che impedisce all’autore di ricercare fra le innumerevoli soluzioni linguistiche a sua disposizione, quelle meno automatiche. Pertanto sono inevitabili e pochissimo espressive perché automatiche e abusatissime, espressioni come: “l’orribile atto; a sangue freddo; nere ombre; il cielo limpido; il pesante candelabro; i folti capelli; un desiderio profondo; la buia notte; una luce soffusa; un’immensa oscurità; sofferenze eterne;
Allo stesso modo, l’aggettivazione o le espressioni sono spesso ridondanti. Es. del rimorso che mi tormenta (= esiste un rimorso che non tormenta?); il nero orrore che mi consuma dentro (= dentro, certo, e dove sennò?); lieve tremore (il tremore è sempre lieve, sennò non è un tremore, è il Parkinson!); etc.
Insooomma:
il racconto è un horror che mette insieme tutti i cliché dell’horror. Mancano tuttavia la specificità dell’ambientazione (in che luogo del mondo siamo? In quale contesto si svolge la vicenda?). Attenzione, questo non significa certo che bisogna scrivere in quale città si svolge la storia! L’ambientazione geografica, temporale, sociale, il contesto della storia insomma, viene fuori da sé. Dalla descrizione di un particolare, di un oggetto, di un gesto, che si potrebbe immaginare solo entro certe coordinate spazio-temporali.
Ancora una cosa. La buona letteratura è quella che non fa quello che facciamo noi noiosissimi professori. Non spiega, racconta.
Prendete il primo capitolo di Madame Bovary.
C’è un Preside che entra in classe e un nuovo alunno che non sa come comportarsi col suo berretto. Segue una descrizione del berretto. “Si trattava di uno di quei copricapi non ben definibili, nei quali è possibile trovare gli elementi del cappuccio di pelo, del colbacco, del cappello rotondo, del berretto di lontra e del berretto da notte, una di quelle povere cose, insomma, la cui bruttezza silenziosa ha la stessa profondità d'espressione del viso d'un idiota".Ebbene, in quel berretto c’è tutto Charles Bovary. Flaubert avrebbe potuto spiegare che Charles era mediocre, impedito, timido, idiota, etc. Niente di tutto ciò. E’ il berretto il correlativo oggettivo (per dirla alla Eliot) di Charles. E questo basta a dire tutto di Charles.
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Giovani scrittori, fatevi avanti! Empty Sintassi

Messaggio  Cristina Gio 17 Gen 2008 - 21:18

Ovviamente esaustiva la sua analisi, Professoressa, tuttavia penso vi sia ancora un punto fondamentale rimasto in sospeso: la sintassi. Il protagonista scrive le sue ultime pagine prediligendo periodi essenziali (soggetto, verbo, complemento: afferrai un pesante candelabro argentato; un lieve tremore percorse il mio braccio; non chiusi neppure gli occhi; etc…) o comunque estremamente brevi, i quali, a mio parere, rendono il racconto più simile ad uno scritto scientifico che ad un'ultima pagina di diario. Il protagonista ha commesso un omicidio e i periodi –subordinati o coordinati che siano- sono generalmente messi in relazione fra loro per asindeto: ne risulta una tendenza alla razionalizzazione dell’avvenuto da parte dell’omicida quanto meno incoerente con il contenuto della narrazione. Non dovrebbe, quindi, il testo assumere una struttura “delirante”? Il protagonista è o non è divorato dal rimorso? Dovrebbe esserlo, secondo l’autore. Eppure anche nei punti nevralgici -uno per tutti quello dell’omicidio- la sintassi non varia minimamente. Ne risulta la figura di un protagonista distaccato che procede con la medesima mancanza di concitazione sia nella descrizione del suo stato d’animo che in quella dell’omicidio.
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Messaggio  Hirundo Hiberna Gio 17 Gen 2008 - 23:54

Non sai quanto la logica dei pazzi possa essere perfetta.
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Messaggio  Giancarlo_Samperi Ven 18 Gen 2008 - 0:38

cavolo
devo ammettere che mi ero scordato cosa fosse un'asindeto,e,come in un fulmineo deja vù,è ricomparso inesorabile anche il polisindeto
dopo andrò a ripassarli
(anche se,come dice la mia mammina,"dopo è parente di mai")
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Messaggio  Rodja Ven 18 Gen 2008 - 23:41

Morale della storia: se dovete iniziare un racconto scrivete "Era una notte buia e tempestosa" o in alternativa "Era una bella mattinata di fine novembre"...
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